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domenica 20 agosto 2017

Spiritualità contro Psicoterapia - di don Curzio Nitoglia

Non passa inosservato l’ultimo libro di don Curzio Nitoglia: “Spiritualità contro psicoterapia. La vera pace dell’anima” (Effedieffe, Viterbo 2017, 138 pp., 12 euro). Il titolo fa presagire una critica alla psicoterapia contemporanea – severa, conoscendo l’impeto argomentativo dell’autore – in favore del recupero della spiritualità cristiana. Aprendo il volumetto, in realtà, si scopre che le avversità si limitano alle righe iniziali (e, come vedremo, presentano anche qualche criticità), mentre la restante argomentazione sviluppa un piccolo trattato di spiritualità.
Il pensiero di don Nitoglia è il seguente: solo la teologia ascetica e mistica può “aiutare, con la grazia soprannaturale, l’uomo a guarire dalle sue “malattie mentali”, ossia dai peccati; mentre [la psicoterapia] al massimo aiuta l’uomo a prendere coscienza delle sue patologie psichiche, ma non muove un dito perché ne esca fuori, anzi spesso non solo insegna ad accettarsi come si è ma addirittura arriva a spingere l’uomo a praticare il male morale come liberazione dalle sue patologie” (pp. 7-8). Posto questo giudizio, che presenta però qualche problema (se non altro di tipo terminologico tra “malattie mentali”, “patologie psichiche” e “peccati” come vedremo in seguito) Nitoglia riprende gli insegnamenti dei grandi maestri spirituali del cristianesimo per mostrare come “la differenza tra spiritualità e psicoterapia è totale” (p. 23). Dunque, mentre la pars destruens viene appena accennata, ampio spazio è dedicato alla pars construens ovvero alla proposta dell’autore. Sostenuto da alcuni semplici ed altrettanto importanti principi tomisti, il lettore viene guidato attraverso le dense riflessioni dei Padri della Chiesa, sul cammino della perfezione di San Giovanni della Croce e di Santa Teresa d’Avila, lungo gli esercizi spirituali di Sant’Ignazio, nella devozione mariana di San Luigi Grognon de Montfort, nel modo di conversare con Dio di Sant’Alfonso Maria De’Liguori, sino alle massime di San Francesco di Sales, San Bernardo, San Tommaso Moro ed altri. Un percorso ascetico e profondo, che viene organizzato per temi: la colpa, la falsa umiltà, le cattive abitudini, l’invidia, la falsa modestia, il rispetto umano, i doni dello Spirito Santo, l’accettazione di sé, la fortezza, ecc. Ne emerge un vero e proprio “bignami” di spiritualità, prezioso per qualsiasi buon cristiano. Uno dei pregi dell’argomentazione è il saper ben mescolare la grande tradizione filosofica della Chiesa - che ha in San Tommaso d’Aquino il suo esponente principale e che, grazie a lui, gode di una sistematizzazione formidabile - con la saggezza dei maestri spirituali, di per se stessa più intuitiva che argomentativa. Si tratta di un’unità tra conoscenza ed esperienza, tra teoria e prassi, che nel presente sembra mancante e che invece si rende necessaria, come già alcuni importanti autori hanno tematizzato: Reginald Garrigou-Lagrange, ampiamente citato nel testo, Karol Wojtila, Josef Pieper, Servais Pinckaers e, più recentemente, Luigi Borriello ed Alessandro Beghini. Si può quindi dire che l’intento dell’autore viene ampiamente raggiunto: dimostrare come la spiritualità cristiana, se razionalmente interrogata, possieda i contenuti adeguati all’ascesi dell’uomo contemporaneo. I problemi sorgono su quelle prime righe spese a contrastare la psicoterapia che ci sentiamo in dovere di criticare, con spirito di correzione fraterna. Vediamole in dettaglio.

Innanzitutto don Nitoglia scrive: “Sul mio sito www.doncurzionitoglia.com ho affrontato la questione della psicoanalisi di Freud e della psicologia analitica di Jung ed ho constatato la loro inconciliabilità con la dottrina cristiana” (p. 7). Purtroppo, sfogliando le pagine del sito, troviamo sì una lucida e condivisibile analisi dei fondamenti luciferini di Jung, ma nessuna traccia della critica a Freud. Poco male, perché grazie ai contributi di altri autori (nonché del Magistero di Pio XII) non si fa fatica a rifiutare le teorie e le prassi di tali personaggi alquanto oscuri. È proprio vero, come vien detto nel testo, che purtroppo “l’epoca attuale è dominata dal freudismo” (p. 9). Il primo problema sorge quando don Nitoglia identifica la psicoanalisi e la psicologia analitica con la psicoterapia tout-court. Non è così. Non solo perché esistono altri approcci – come quelli cognitivisti, umanisti, adleriani, sistemici, ecc. – dei quali, però, siamo sicuri che don Nitoglia è ben al corrente, e verso i quali, siamo altrettanto sicuri, l’autore condivide altrettante critiche con altrettante buone ragioni (le correnti di psicoterapia contemporanea, alcune più altre meno, assumono all’origine visioni dell’uomo che sono distanti dalle concezioni cristiane). Ma soprattutto perché vengono ignorati i contributi che hanno ripreso proprio quel lascito sapienziale a cui Nitoglia fa riferimento, in primis San Tommaso d’Aquino, per edificare una psicoterapia pienamente in sintonia con il Dato Rivelato. Rudolf Allers e Magda Arnold sono i nomi più noti e più sani, ma ce ne sono anche altri.

L’identificazione della psicoterapia con le prassi freudiane e junghiane comporta due errori (“un errore al principio è grandissimo alla fine”), che è bene evidenziare. La prima è una confusione sulla cura delle malattie mentali, e sul rapporto di quest’ultima con la spiritualità. Leggiamo: “La psicoterapia vuol far riaffiorare nella mente del paziente tutti i ricordi del passato nei minimi dettagli, mentre la spiritualità ci insegna che il male morale, una volta confessato e vinto, non deve più tormentarci, è sepolto in fondo al mare, è cancellato dal Sangue di Gesù e sarebbe pericoloso ripensarvi poiché farebbe rinascere in noi le tentazioni che ci hanno turbato […]. Non si devono ricordare le proprie turbe e accettarsi come si è o addirittura viverle sino al parossismo, come vorrebbe la psicoterapia, ma bisogna scagliare lontano da sé, con la confessione sacramentale, tutto ciò che non è conforme alla Legge naturale e divina” (pp. 23-24). Premesso che una psicoterapia tomisticamente fondata non pretende di “far riaffiorare tutti i ricordi del passato nei minimi dettagli” né tanto meno di vivere dei peccati, bisogna però chiedersi: e chi non ce la fa? Quei pazienti che vivono ossessioni, che hanno comportamenti compulsivi, che sono preda dell’ansia e, quindi, nonostante le innumerevoli Confessioni (spesso anch’esse compulsive) continuano a reiterare pensieri e comportamenti…come li si aiuta? Le malattie mentali non coincidono con il vizio, e quindi col peccato, come i termini utilizzati nel testo in modo un po’ confusionario possono far suggerire, e non possono essere guarite con la sola spiritualità. Bisogna non cadere nell’errore opposto a quello che si vuole combattere, cioè dallo scientismo – per cui la scienza umana è l’unico rimedio di tutti i mali – allo spiritualismo, secondo cui non c’è bisogno di alcun impegno personale perché fa tutto la Grazia. Per intenderci: se mi viene la febbre chiedo aiuto a Dio ed assumo la tachipirina, questo mi pare l’atteggiamento più umano e più ragionevole. La spiritualità è la tensione, consapevolmente vissuta, del rapporto personale con Dio, la cui strada di attuazione è l’ascesi. La psicoterapia è uno strumento che, quando si vive un disturbo psichico o nevrosi, aiuta l’uomo a compiere l’ascesi. Don Nitoglia sembra invece voler negare l’ausilio della psicoterapia, creando una certa confusione sui termini di “scienza medica” e di “malattie nervose e mentali”. Leggiamo: “Non bisogna confondere la scienza medica, che cura le malattie nervose e mentali, con la psicoterapia junghiana e freudiana che le aggravano soltanto. Un bravo medico, con l’aiuto di una guida spirituale che conosce i principi della teologia ascetica e mistica, può alleviare le sofferenze dell’ammalato e portarlo verso una certa guarigione per quanto è possibile all’uomo ferito dal peccato originale” (p. 8). Ed in nota: “Le malattie nervose o nevrosi consistono in un nervosismo eccessivo e costante; mentre le malattie mentali o psicosi non manifestano segni esterni di nervosismo, ma rappresentano una incapacità di relazionarsi in maniera giusta colla realtà e di ragionare rettamente, per cui lo psicotico sembra normale da un punto di vista nervoso mentre è avulso dalla realtà e sragiona, sia in maniera evidente sia, cosa ancora più pericolosa, in maniera apparentemente lucida” (ibid.). Dunque per Nitoglia c’è il bravo medico che, coadiuvandosi di una guida spirituale, allevia le sofferenze dell’ammalato, sia nevrotiche che psicotiche, e lo porta verso una certa guarigione. Ammettiamo che sia così, e domandiamoci: come lo fa? Il medico opera con le medicine. Basta osservare tutti i medici di base che si trovano con pazienti ansiosi quanto li riempiono di benzodiazepine, con l’effetto di cronicizzare invece che migliorare le “acuzie”. Lo stesso vale per gli psichiatri che trattano i ben più gravi casi di dissociazione psicotica, stabilizzandoli con medicinali che dovranno assumere per la vita intera. In altre parole: che sia la “scienza medica” a curare le malattie mentali è quanto meno dubbio, a meno che non si voglia ricadere in un biologismo che è tanto grave quanto il determinismo freudiano. Per intenderci: una depressione, una fobia, lo stress, le dipendenze, le attrazioni sessuali indesiderate…non guariscono con le pillole. Chi è, invece, colui che suggerisce al paziente un approfondimento sulle cause (efficienti e finali) del malessere, propone l’esercizio delle virtù umane attraverso lo sport e le relazioni amicali, prescrive la maturazione personale attraverso la lettura di libri ed il ricorso ai Sacramenti? Il “bravo medico”, certamente (che fuoriesce dalle linee guida della medicina stessa). Ma soprattutto il medico (o lo psicologo) che nel nostro ordinamento professionale lo fa di principio, ovvero proprio lo psicoterapeuta. È lo psicoterapeuta che aiuta il paziente a riorganizzarsi per affrontare le ferite lasciate in sospeso, compensate coi sintomi e, fondamentalmente, mai superate. Il suo è un aiuto umano, e quindi parziale, ma all’interno di una concezione cristiana della vita, che quindi prevede preghiera, direzione spirituale, Sacramenti e, soprattutto, rapporto personale con Dio.

Il secondo errore che l’identificazione del freudismo e dello junghismo con la psicoterapia porta con sé è una imprecisa concezione antropologica. Forse, più che un effetto, essa è addirittura la causa della confusione creata. Don Nitoglia scrive: “Occorre distinguere molto bene lo psichico, che ha come oggetto le malattie nervose o mentali, dallo spirituale, che ha come oggetto la virtù da praticare e il peccato da fuggire” (p. 8). La “partizione” dell’essere umano è un tema importante e reso difficile dalle terminologie contemporanee, poiché può venir affrontato su piani differenti che spesso vengono confusi. Partiamo da quello ontologico, ovvero propriamente antropologico. L’uomo è un composto di corpo ed anima, ovvero riassume in sé il principio materiale e quello spirituale. Psiche (anima) e spirito, in questo ambito, coincidono: l’anima dell’uomo è di tipo spirituale, ovvero è dotata di facoltà che non abbisognano di alcuna materia, come l’intelletto e la volontà. Se si vuole distinguere l’anima dallo spirito allora si può parlare di psichico per l’anima sensitiva, con particolare riferimento ai sensi interni (memoria, immaginazione e soprattutto vis cogitativa) e agli appetiti sensitivi, e di spirito per l’anima spirituale o razionale (intelletto e volontà). Tale è la tripartizione utilizzata da san Paolo e da diversi Padri della Chiesa. Ma, con le parole di Rudolf Allers, chiediamoci: esiste un atto dell’uomo che sia solamente sensoriale (psichico)? Anche San Tommaso aveva tenuto a precisare che le passioni, ovvero i moti dell’appetito sensitivo, non sono dell’anima, ma dell’uomo, cioè dell’intero composto. È quindi bene utilizzare la bipartizione sul piano ontologico. Passiamo al livello dinamico cioè funzionale. L’uomo possiede un appetito naturale per il Bene, poiché è in continua ricerca del suo fine ultimo (che sappiamo, per Rivelazione e – speriamo! – per esperienza, essere Dio). Cerca Dio, anche e soprattutto attraverso gli oggetti del mondo creato. Siccome Dio si è incarnato proprio nel mondo reale, ed è possibile conoscerLo attraverso la realtà immanente – non si riduce ad essa, ma si serve di essa – allora il rapporto che l’uomo ha con le cose (psicologia) coincide con il rapporto che l’uomo ha con Dio (spiritualità). Anche in questo caso, distinguere psiche da spirito non è adeguato. Terzo caso: le malattie psichiche. Qual è la loro origine? Il conflitto, quasi sempre inconsapevole, che l’uomo mette in campo contro la realtà di se stesso (ancora una volta ci serviamo delle formulazioni del tomista Rudolf Allers). Il medesimo conflitto che instaura il peccatore o il vizioso, con piena coscienza. Malattia e vizio/peccato sono allora la stessa cosa? Nient’affatto. Perché nel primo caso la ribellione è inconsapevole, talvolta indotta dalle circostanze, come un’inadeguata formazione (non è un caso che le radici delle patologie si ritrovino quasi sempre in infanzia o adolescenza) o un contesto familiare malsano. Lo riconosce pure don Nitoglia: “È errato misconoscere il sano sviluppo della sfera affettiva nel cammino spirituale, che è acquisito nelle prime esperienze familiari e che ci permette di controllare più facilmente le nostre reazioni, modificare e correggere i sentimenti negativi (sfiducia, disistima, vergogna, senso di colpa, paura). Questi sentimenti negativi hanno origini lontane, sono sepolti nella nostra memoria anche se non ne abbiamo piena coscienza attuale ed esplicita, e possono influire sulla nostra vita individuale e sociale. I difetti dovuti ad una carente sfera affettiva possono essere corretti con la direzione spirituale, l’esame di coscienza, la mediazione, la conoscenza di sé e soprattutto la fiducia in Dio” (pp. 51-52). All’elenco manca la psicoterapia. Ed è un errore, perché il proprium dello psicoterapeuta è il lavoro con le persone che, inconsapevolmente, hanno dettato guerra alla realtà di se stessi, e quindi a Dio; spesso, bisogna dirlo, per debolezza e per difesa, più che per superbia o volontà di potenza, come nel caso del vizio volontariamente scelto. Il nevrotico cerca un bene, ma in oggetti sbagliati di cui, col tempo, diventa schiavo. Lavorare sullo psichico, anche in quest’ambito, significa lavorare sulla percezione di sé e della realtà, e quindi sullo spirituale. Si tratta di un principio che viene ben descritto anche nel testo: “Come si vede, non è la realtà a determinarci, ma il nostro modo di vederla e accettarla con fiducia o rifiutarla con rivolta disperata” (p. 97). Non c’è contrapposizione o divisione tra psichico e spirituale. Sono i nemici a volere una scissione, negando la spiritualità o rendendola luciferina. I cristiani sono per l’unità. Operare sulle singole facoltà dell’anima, alcune più alte, altre più basse, significa esercitare le virtù e fuggire il peccato sia per i sani che per i malati psichici. In quest’ultimo caso, oltre alla comune pedagogia è necessario affiancare una pedagogia speciale, come chiama la psicoterapia Martin F. Echavarria, direttore del dipartimento di psicologia all’Abat Oliba di Barcellona e saggio tomista, che non si distingue dalla pedagogia generale se non per un approfondimento più specifico di quello che normalmente si fa, di alcuni ambiti particolari: la famiglia, le abitudini inconsapevoli, la ribellione alla realtà, l’esercizio delle virtù in modo farmacologico, ecc.

In conclusione: Spiritualità contro psicoterapia è “un buon libro di spiritualità, e basta”, come ha sintetizzato un mio amico. Un vero confronto con la psicoterapia è assente e, probabilmente, mal impostato. Siamo però sicuri che con uno sviluppo sempre più rapido delle psicoterapie pienamente cristiane, anche l’autore potrà ben presto adoperarsi per una spiritualità che assuma in sé anche la migliore psicoterapia.

3 commenti:

  1. Si è vero solo il peccato è l'unico male,il resto sono conseguenze,la grazia è parte integrante dell'uomo altrimenti la luce naturale si perderà,passando nell'angoscia. Ma i popoli nel tempo sono stati ingannati da molte alternative menomazioni,come la mentale. Solo un neurologo può aiutare il sonno con comuni medicamenti della terra (Siracide),mentre la psichiatria ne fa di dedicati,provenienti dall'industria americana,inoltre l'intelligenza naturale non è lucidità piena,perchè solo la grazia permette l'amore,il distinguere il bene dal male. E' violenza privare della libertà interiore ed esteriore le persone,controllare la loro vita,è normale fluttuare tra bene e male finché non ce un pieno si a Dio. La massoneria tramite i politici che approvano le sue leggi detiene il potere anche in questo settore,dove i centri di tale ambito privano della libertà e del rispetto chi non è omologato al mondo,le stesse funzioni di polizia sono svolte spesso da questi,quindi le istituzioni gli appartengono. Usare la forza non serve sarà Dio a liberare l'uomo da questo cancro sociale,loro scopo tramite la psicologia analitica junghiana è eliminare il peccato e l'inferno come dogma,per sostituirlo con il disagio mentale come unico male e la salute come unico bene,per sostituire a Dio l'Uomo (mondialismo).

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  2. Aggiungo che solo all'inizio è lecito per favorire il sonno somministrare comuni tranquillanti neurologici,se la persona ha intenzione di guarire dal peccato rinuncerà a compierlo nel tempo. Per questo è giusto che Don Nitoglia escluda queste,come è giusto che escluda la psicoterapia,pure il bravo medico può solo all'inizio dare limitati suggerimenti e agevolazioni sociali. Mentre con la grazia corrisposta l'intelligenza naturale segue questa,sul percorso spirituale è tutto ora. Questo vale per ogni menomazione,come pure i posseduti che seguono la spiritualità ascetica si liberano meglio,che con gli esorcismi. Quindi va creduta la catechesi del sacerdote,perché noi siamo il nostro spirito.

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  3. Poiché la prassi conferma la teoria, è il dato esperienziale a cui bisogna guardare.
    Questo dato ci dimostra che:
    a) la malattia mentale -comunque intesa e senza distinguere da nevrosi o psicosi- ha la sua radice in un disagio dello spirito: psiche e corpo risultano alterati proprio da questa dis-armonia dell'anima -tra l'uomo e Dio- . È una caratteristica propria dell'uomo e non dell'animale; alzi la mano chi può dimostrare una psicosi animale o una nevrosi animale.
    b) l'attore principale della guarigione spirituale è Cristo e quelli che Lui stesso ha inviato per questo scopo nel mondo, ovvero i sacerdoti.
    c) l'attività dello psicoterapeuta - e sarebbe bello parlare di attività resa gratuitamente - dovrebbe essere equivalente a quella di un qualsiasi cristiano cattolico che segua i comandamenti contenuti nella parabola di Cristo sul prossimo. Si tratta ovvero di carità amorevole verso il proprio fratello. Si tratta di dare un esempio e incoraggiamento di vita in Cristo ma non di guarigione perché questa dipende unicamente dalla grazia e dai sacramenti, per i quali la si ottiene.

    Fuori dai dati concreti ed esperienziali, tutto è semplicemente teoria, ipotesi e falsa strada.

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