Pagine

lunedì 20 luglio 2015

LA CONOSCENZA INTEGRALE DELL'UOMO: ANIMA E CORPO - Mons. Pardini

Psicologia, da una parte, e realtà cristiana, dall'altra, si sono spesso guardati in "cagnesco", come ebbe a dire Roberto Marchesini nell'introduzione a Psicologia e Cattolicesimo di Rudolf Allers (D'Ettoris, Crotone, 2009). Basti pensare a cosa Freud diceva della religione ed a quanto il suo pensiero sia subentrato nella mentalità contemporanea. E questo è solamente l'esempio più semplice che si possa fare. Il risultato è che oggigiorno lo psicologo cattolico si trova spaesato in una marea di modelli clinici dalla dubbia bontà antropologica e, di conseguenza, rischia di vivere una forte scissione tra la propria vita - edificata sul riconoscimento di Cristo - e la prassi terapeutica - costruita sui pilastri dei "maestri" di scuola. Le università cattoliche sono sovente cattoliche solo nel nome. I contributi volti a ridurre lo spazio di tale ferita sono scarsi, e scarsamente interessanti. A onor del vero l'unità tra psicologia e cristianesimo, sotto varie forme, è stata parzialmente raggiunta ad opera degli operatori pastorali i quali si sono rivolti alla psicologia per cogliere di più e meglio l'uomo quale obiettivo del proprio operare.
Se dunque i professionisti clinici che hanno tentato di costruire una prassi volta all'unità tra l'antropologia cristiana e la terapia si contano sulle dita di una mano, i libri ed i corsi rivolti ai sacerdoti, religiosi e, più in generale, operatori pastorali di varia natura presentano quasi sempre degli approfondimenti psicologici. Come dire: se gli psicologi non si rivolgono al sapere della Chiesa, è la Chiesa a rivolgersi verso la psicologia. Uno dei contributi più interessanti in tal senso è il "corso medico-psicologico per sacerdoti e religiosi" tenutosi nel 1968 e per tre anni successivi presso la O.A.R.I., ovvero l'Opera per l'Assistenza Religiosa agli Infermi, con sede a tutt'oggi a Brezzo di Bedero in provincia di Varese. A coordinare il corso, il professor Agostino Massone, primario psichiatra e direttore sanitario del Piccolo Cottolengo, nonché direttore del Centro Medico-Psicologico Religioso "Maria Mediatrice" dell'Oari, che per diversi anni ed in numerosi testi si è speso per una educazione psicologica accessibile alla realtà ecclesiale. Nella Introduzione scriveva: "Questo corso è nato sotto gli auspici di quello spirito di collaborazione, che si va ormai intensificando, tra Religiosi da una parte, e psicologi e psichiatri dall'altra [...]. Non più tardi di alcuni decenni orsono, Freud profetizzava la fine della grande illusione, quale egli aveva definito la religione, avendo scorto in essa null'altro se non i segni di una nevrosi ossessiva universale. Oggi noi cattolici non mostriamo, nei confronti dell'edificio psicoanalitico, quella stessa aggressività della quale il suo fondatore aveva gratificato la Chiesa". Parole pronunciate da uno psicoanalista, che qui ricordiamo a pochi mesi dalla morte. Il corso si sviluppa per tre lunghi volumi, molto ben dettagliati soprattutto poiché riportano anche gli interventi dei partecipanti, tutt'altro che superficiali. Se la parte squisitamente psicologica è quella che, a quarant'anni di distanza, soffre di invecchiamento, sia per quanto riguarda i termini che per alcuni contenuti, la parte più squisitamente antropologica, e quindi potremmo dire "cristiana", è quella a tutt'oggi valida, proprio perché maggiormente trascurata.
Per la sua immediatezza e facilità di lettura, riportiamo l'intervento introduttivo di Mons. Giovanni Battista Pardini (1904-1987), vescovo di Jesi che esplora con sinteticità alcuni temi ben noti, come il collegamento tra corpo ed anima, ma tutt'oggi importanti proprio perché tanto spesso dimenticati (o persino ignorati). 
Mi preme osservare come negli anni sessanta/settanta l'incontro-scontro tra la psicologia, da una parte, e la realtà cristiana dall'altra abbia dato avvio ad interessanti approfondimenti che, invece, oggi sono del tutto assenti. Da un monsignore ho sentito che "non ci sono più i nemici perché siamo tutti dialoganti". Io temo, invece, che non si dialoghi proprio più, perché non si è in grado di vedere la propria identità - non la si conosce! non la si studia! - e dunque neppure l'alterità, amica o nemica che sia. Forse dovremo ripartire proprio da contribtuti, libri e corsi come questo.

 

SUA ECC. MONS. GIOVANNI B. PARDINI

VOSCOVO di Jesi e Amministratore Apostolico di Senigallia

LA CONOSCENZA INTEGRALE DELL'UOMO: ANIMA E CORPO


Perché abbiamo voluto questo Corso ? Forse per la temeraria pretesa di insegnare a qualcuno l'educazione dei giovani, che avranno domani un posto preminente nella società ? Sarebbe stato un assurdo ed un'offesa a uomini qualificati quali i miei uditori, scelti dai loro superiori con oculatezza e con fiducia. E' stato solo per rispondere ad un desiderio, manifestato da tante parti, di trovarsi insieme per discutere alcuni problemi e certe sentite esigenze di adeguamento, oggi quanto mai urgente in un campo così difficile. E allora, umilmente, senza pretese, ci siamo assunti, forse con una certa giovanile, ma innocente baldanza, il compito di cominciare. Che cosa ci siamo proposti ? Studiare, da un certo punto di vista, questi soggetti educabili, che restano uomini, « animalia rationalia », anche quando sono battezzati, cresimati e ordinati. ll catechismo di Pio X, sempre venerando, con un linguaggio non sempre adeguato, forse, al vocabolario dei nostri tempi, definisce l'uomo : un essere « composto » di anima e di corpo. Quel termine « composto » non suona bene. Però resta vero che il cristiano è una sintesi di corpo, anima e grazia.
Ecco quattro domande : 1) Che cosa è l'educazione in genere ? 2) Come si educa l'anima ? 3) Come si educa il corpo ? 4) Come interferiscono il corpo e l'anima ? l'uomo e il cristiano ?

I. Che cosa è l’educazione, in genere

Poche parole sulla educazione, come viene concepita nel mondo di oggi, da non pochi che fanno sentire la loro influenza anche nei nostri ambienti. Non do le classiche definizioni, perché non voglio farvi torto. Elenco alcune di quelle che oggi, in certi campi, sono accettate.
Huxley: «consiste – dice lui – nell’allevare dei giovani esseri, uomini, in vista della libertà, della giustizia, della pace». Mi sembra definizione teorica, vaga e, direi…demagogica.
Herbart afferma che il compito dell’educazione è «formare l’individuo per se stesso, svegliando in lui la molteplicità degli interessi». Confesso che non capisco.
Kersehensteiner: per lui l’educazione consisterebbe «nell’estendere la cultura, affinché l’uomo organizzi i suoi valori nella sua coscienza». Mi pare troppo poco.
Renouvier vede nell’educazione il mezzo di perfezionare l’uomo. Se quel vocabolo «perfezione» avesse tutto il suo significato, lo accetterei volentieri.
Joly vuole che l’educazione dia «ad un essere il possesso completo ed il buon uso delle sue facoltà». Quali facoltà?
Kant, che affiora un po’ dapertutto, si propone di sviluppare con l’educazione tuta la perfezione di cui un uomo è capace. Mica male, ma che cos’è per Kant la perfezione?
Stuart Mill precisa: «avvicinarsi alla perfezione della nostra natura». Però, tra l’altro, manca ogni accenno all’elemento cristiano.
James Mill è più utilitarista: la educazione sarebbe «uno strumento di felicità per sé e per gli altri». Belle parole.
Non si finirebbe tanto presto se dovessimo sentire tutti quelli che si sono occupati di questo argomento. Noi crediamo che l’educazione possa essere definita l’insieme delle regole teoriche e pratiche che tendono a preparare il futuro uomo a compiere nel miglior modo l’ufficio che la Provvidenza gli ha assegnato, con la sua vocazione naturale e soprannaturale. Credo che, in qualche modo, queste parole possano riassumere tutte le definizioni classiche.
Penso con Carrel che gli elementi per riuscire sono: due umani, il coraggio e la sincerità; uno sovrumano, la grazia di Dio.

II. Appena un cenno sulla educazione dell’anima umana

Qui me la cavo con poche parole. Mi accontento di rapide osservazioni ed affermazioni. Tra le facoltà dell’anima umana, innanzitutto occorre educare l'intelligenza all'analisi e alla sintesi; a saper vedere e giudicare. Anche l'educazione della memoria è importante. Ma qui non posso soffermarmi a sviluppare questi concetti. Occorre tener conto dei vantaggi dei metodi attivi, ma anche delle loro lacune. Per conto mio penso che la logica naturale, minor et major, del buon Aristotele sia ancora valida. Il metodo induttivo e deduttivo è ancora il più sicuro. (Naturalmente una cosa è la scolastica autentica ed una cosa è lo scolasticismo degli stenterelli) . Credo ancora allo sforzo individuale, al magistero sanamente autoritario. C'è chi afferma che sono stati i Gesuiti a provocare la ribellione (inconscia) di Descartes e la ribellione (arrabbiata) di Voltaire. Io non lo so. Ma credo che se Descartes e Voltaire si fossero preoccupati di più di approfondire la vera scolastica e il vero tomismo — non quelli che venivano forse insegnati ai loro tempi — e fossero stati molto sinceri, non avremmo avuto due ribelli. Ammiro Rosmini per la sua intelligenza geniale, la cultura formidabile, la sincerità e l'onestà eroica; ma mi duole rilevare certe sue lacune ed innegabili deviazioni, che si debbono più alla vastità del campo da lui esplorato e a certi metodi non ben trutinati, che al suo sistema. Sed de hoc satis.

III. L'educazione del corpo

Il corpo non è frate asino (sia detto senza irriverenza), ma un capolavoro della intelligenza geniale del Creatore. Tornando all'estroso Descartes: egli disprezza troppo il corpo. Che occorra anche una educazione del corpo apparirà meglio dalla quarta ed ultima parte di questa mia tiritera, che sarà naturalmente la più lunga e pertinente. Mens sana in corpore sano. La mano, per esempio, è un organo importantissimo per esprimere il pensiero e la volontà, nonché i sentimenti. I giochi hanno una influenza capitale. Lo sport attivo è un elemento determinante. La ginnastica è un coefficiente decisamente indispensabile, oggi, per lo sviluppo, non solo somatico, ma intellettuale e morale. E' sorprendente che la memoria fisica abbia una potenza preponderante su quella psichica. Noi abbiamo bisogno di una integrazione che ci restituisca l'uomo come è uscito dalla mano di Dio e restaurato da Gesù Cristo : una integrazione del morale sul fisico, ma anche del fisico sul morale. Certe vite di santi, così come sono narrate, sono per lo meno molto discutibili. Quando Alexis Carrel scrisse il suo libro più famoso, durò fatica a trovare un editore, perché era ritenuto di scarso interesse. Questo fatto indica che le preferenze, le aspirazioni, gli istinti più profondi dell'uomo sono generalmente ignorati anche da coloro che avrebbero il dovere di conoscerli. 

IV. Interferenze tra corpo e anima

Noi non crediamo all'asserto di Rousseau, che la natura umana sia « undequaque » buona e occorra lasciarla fare. Diciamo subito che il nostro fine è dimostrare che non si può, nell'educazione del giovane, separare l'anima dal corpo: l'educando è uomo e questo uomo. Il senso morale può dipendere da molti fattori: dall'ambiente chimico all'ambiente psichico, dall'ambiente morale all'ambiente fisico, e persino dalle abitudini alimentari. L'uomo a temperamento logico probabilmente ha una conformazione fisica e chimica del cervello diversa da quella di colui che è solo intuitivo. Come vedremo, il sistema endocrino ha la sua influenza ed è per questo che la donna ragiona spesso diversamente dall'uomo. E' persino possibile che certi elementi corporei rendano l'uomo più buono o più cattivo. Non è per divertimento che la Chiesa fa dire al ministro della Penitenza « Ego te absolvo, in quantum possum et tu indiges ». Può riuscire assai difficile modellare certi cervelli e certi cuori senza preoccuparci della loro costituzione fisica, chimica e della loro cartella clinica. E l'ereditarietà ha la sua importanza nel campo dell'educazione; l'ereditarietà fisica è più marcata che l'ereditarietà psichica; ma non è del tutto sballata l'affermazione che ogni vivente, compreso l'uomo, rivive per metà nei suoi successori. Soprattutto la madre, nel suo seno può modificare il feto. Ogni educatore deve conoscere, almeno sommariamente, le leggi di Mendel; si può qui osservare che tra certi uomini e certe donne esistono dei casi limite per cui l'unica differenza è costituita dagli organi sessuali. E' appena il caso di ricordare l'importanza dell’ipofisi. Abbiamo già detto che l'alimentazione ha il suo ruolo. Per esempio, l'alcool, se usato fuori tempo e fuori misura, è dannoso all'uomo e ai suoi figli. Quanto poi la quantità e la qualità dell'alimentazione influiscano sul fatto sessuale non è il caso di sottolineare. Mangiar troppo e troppo bene, mangiar poco e male, per un giovane conta molto nelle sue lotte di ordine sessuale. Non si possono trascurare il clima, l'umidità dell'aria, il vestito, per la capacità di iniziativa, per lo spirito di inventiva, per le idee, per le attitudini, per l'igiene, per l'onestà, per la moralità, per il controllo di sé, per il senso della bellezza (istintiva o artistica), per la letteratura; persino nei particolari orientamenti filosofici c'entra molto di questo. Ma per non apparire troppo naturalista, che non sono, o, peggio, materialista, vi prego seguirmi ancora. 
Non è certamente possibile, né del resto è mia intenzione, trattare in una conversazione la questione come esigerebbe lo svolgimento discreto del tema, così vasto e impegnativo. Sappiamo tutti che la ricchezza di osservazioni e di materiale filosofico, scientifico, tecnico, sperimentale e patologico in questo campo, impedisce senz'altro ogni pretesa di completezza. Il problema dei rapporti tra anima e corpo, da tempo immemorabile, ha per oggetto non soltanto il cosiddetto « conflitto della facoltà », ma anche l'istinto e la volontà umana, in senso di ricerca generale, e può essere visto ed esposto da infiniti punti di vista: filosofico, scientifico, medico, morale, educativo e pastorale. Qui, dobbiamo semplicemente limitarci a dire qualche parola sui rapporti tra corpo e anima: ma non tra il corpo preso nella sua « totalità » e l'anima presa nella sua « ampiezza d'azione », per cui non basterebbe un trattato; bensì tra corpo e anima in relazione a quelle realtà fenomeniche, non scindibili almeno sul piano pratico, che possono concernere l'attività del medico e del sacerdote. Il mio tentativo consiste nel sottolineare che ogni direttore ed educatore d'anime, tanto più se queste anime sono avviate al fine alto del ministero divino, deve porsi una problematica che oggi si rende tanto più urgente quanto più le esigenze di ogni tipo si moltiplicano. Le osservazioni degli esperti mostrano sempre di più l'esistenza di stretti rapporti tra fenomeni somatici, psichici e spirituali. Anzi, per noi sacerdoti, è necessario aggiungere che tra tutti questi fenomeni d'ordine naturale e quelli soprannaturali che partono dalla grazia di Dio ricevuta nel Battesimo, potenziata nella Cresima, offesa o mortificata dal peccato, destinata a sublimarsi nel sacerdozio, i rapporti non sono meno stretti e meno influenti. Gli studi moderni hanno fatto enormi progressi, soprattutto nel campo della psicologia, della neurologia e della psichiatria, nonché nell'antropologia; anche se certi filosofi, certi moralisti, certi educatori, certi medici se ne dimostrano ancora molto profani e non è raro che sorridano dei nostri tentativi.
Negli ultimi decenni sono state scoperte cose nuove, o cose vecchie forse messe in luce in modo nuovo; molti segreti sono stati svelati, moltissimi restano da scoprire e lasciano all'indagine, all'intuizione, all'esperienza personale ed alla preghiera un campo immenso. Come il corpo umano non può essere nel suo studio ricondotto al concetto di pura macchina o di una storta chimica, così l'anima non può essere nel suo studio ricondotta ad una successione di fenomeni più o meno misteriosi; ma non si può neppure negare che tra anima e corpo vi sia una stretta interdipendenza; cosicché, nello studio teorico e nella educazione pratica, non è possibile prescindere ora dall'uno ora dall'altro, come se l'anima e il corpo fossero semplicemente due soci in compartecipazione o due compagni di viaggio obbligati a percorrere insieme, sullo stesso veicolo, la stessa strada della vita. Il corpo umano è un organismo animato da una sostanza spirituale e l'anima umana non è, come voleva Platone, una sua prigioniera, ma è unita così attivamente al corpo che l'analogia di intrinsechezza tra sposo e sposa è troppo distante dalla realtà: è, (l'anima), una sostanza in-corporata, incarnata, così che dalla fusione di questi due elementi si ha un individuo solo, una entità sola, una persona sola, soggetto di azione e passione, unico individuo, indivisibile fino alla corruzione della morte: « Quod est indivisum in se ipso et divisum a quolibet alio », dicevano quelle buone anime di scolastici che, pur dovendo lavorare su materiale empirico, hanno avuto delle intuizioni meravigliose che non sono tramontate e non tramonteranno. Non intendo, e non ne sarei capace, risolvere problemi di carattere filosofico o scientifico, ma meglio ancora sottolineare questa unione meravigliosa che rappresenta una speciale fusione, senza essere una confusione.
Voglio entrare anche di più in medias res, per dire che il mio fine si limita ad invitare i miei confratelli a tenere presenti svariatissimi elementi che agiscono sinergicamente: organi a secrezione interna, caratteristiche psicofisiche ereditarie, condizioni ambientali, condizioni dipendenti dal sesso, dalla età, dal clima, dall'estrazione sociale, dal sistema nervoso, da fattori patologici, da fattori soprannaturali e vocazionali, dai fini da raggiungere e persino dalle interferenze cosmiche.
Un altro cardine per noi cattolici e sacerdoti è che tutti questi elementi, presi separati o insieme, non rappresentano dei limiti ben definiti e insuperabili, tali da privare ordinariamente un soggetto della sua autonomia e della sua libertà, quindi della sua modificabilità, e della sua responsabilità: salvo, s'intende, che il soggetto operante non sia vincolato da ignoranza, errore, violenza o malattia. Certo, le predisposizioni, le aperture, certe componenti ambientali e di razza non possono essere indenni da influenze e non debbono essere trascurate, tanto più che non sempre sono facili ad essere scoperte e superate: per questo occorre studio e pazienza; e ricominciare sempre, non scoraggiarsi mai e non ritenere di essere arrivati mai alla conoscenza degli uomini e soprattutto dei giovani: le sorprese sono, forse, quotidiane. Quello che è certo è che la struttura generale della persona e l'inserimento della persona in quella struttura e nelle tendenze di ambiente interno o esterno, di per sé e in linea generale, non rendono l'uomo schiavo, meccanico, istintivo, irresponsabile, fatte sempre le debite eccezioni e proporzioni. Non è priva di enormi conseguenze l'ignoranza e la noncuranza del sacerdote e del direttore di spirito, del medico e de maestro circa questa materia che oggi è tutta in evoluzione e di scottante attualità. Sacerdoti e medici, maestri e genitori si debbono completare a vicenda. Però non possiamo qui non affermare che, nonostante i progressi naturali compiuti nella conoscenza dell'organismo umano, certe questioni fondamentali del nostro essere intimo sfuggono ancora ad ogni strumento e ad ogni indagine e le sciocchezze scritte e dette sono innumerevoli. La disgrazia è che abbiamo avuto filosofi e scienziati e conseguentemente correnti molto divergenti che hanno preteso frettolosamente dare delle conclusioni teoriche e pratiche, lasciandosi trascinare dalla loro speciale concezione della realtà cosmica e della realtà umana.
La ristrettezza del tempo e la limitatezza delle mie capacità mi impediscono di esaminare e anche soltanto di enumerare tutte le ipotesi che sono state fin qui, con più o meno serietà, elucubrate. Il problema dei rapporti tra l'anima e il corpo in particolare è stato oggetto di molto studio a carattere filosofico, morale, scientifico, tecnico e ascetico. Forse non da tutti è stato sempre tenuto in debito conto un fatto che occorre assolutamente tener presente: che il problema è sempre esistito (peccato originale) ed esiste oggi più che mai ed esisterà sino alla fine del mondo, perché il peccato originale ha ferito, non sostanzialmente mutato, la natura umana. Pur limitandomi strettissimamente ad alcuni aspetti, debbo osservare che le ipotesi elaborate ai riguardo sono innumerevoli. Non vorrei che questa mia conversazione dovesse deludere, per certi aspetti, le vostre attese, dal momento che non mi ritengo in grado di portare soluzioni o mirabolanti contributi: certamente i problemi biopsichici e psicosomatici, i problemi morali e pedagogici per direttori di coscienze, soprattutto di futuri sacerdoti sono realmente assillanti e ci rendono assai preoccupati per i sacerdoti di domani. Prescindendo da concezioni filosofiche, monistiche o dualistiche; prescindendo dal fatto di reciproche influenze funzionali tra anima e corpo; prescindendo da ipotesi di parallelismo psicofisico tra i due elementi, in questa sede è necessario constatare che, pure nell'innegabile interdipendenza, le funzioni psichiche non sono le funzioni somatiche, né coincidono in tutto, né si uguagliano. Può darsi che un fenomeno o sintomo psichico ceda o parta da un fenomeno o sintomo corporeo, ma è assolutamente impossibile identificare l'uno con l'altro. Ma allora che cosa è l'anima e che cosa è il corpo? Quanto all'anima, dovendo parlare a sacerdoti, mi contento di invitarli a rievocare quello che hanno studiato nella filosofia scolastica. L'anima è la forma del corpo, l'atto, l'entelecheia. La vita in atto primo.
Che cosa è il corpo? Non ci si può certamente contentare di definire il corpo descrivendo dei dati anatomici, dei processi fisiologici di natura chimica o fisica, le loro associazioni, le funzioni organiche, la circolazione del sangue ed il sistema nervoso. Il corpo non è soltanto una gran pila elettrica e neppure soltanto una dinamo: è un vivente, e umano. Ma quel che ci interessa di più è conoscere i limiti tra la sfera del corpo e la sfera dell'anima. I rapporti tra soma e psiche, tra psiche e spirito non si limitano all'anatomia, alla fisiologia e neppure alla psicologia, ma certo interessano tutti gli organi del corpo: apparato nervoso e soprattutto cerebrale, apparato sessuale, apparato sensoriale, apparato digerente e circolazione; interessano altresì l'intelligenza, la volontà, la libertà e, per noi cattolici e sacerdoti, il fatto della fede e della vita soprannaturale. La grazia infatti non sopprime la natura, la guarisce semmai, la aiuta sempre e, con la dovuta collaborazione, la potenzia. Ma sarebbe un errore grave, anche se non raro, pensare e operare come se nell'uomo vi fossero almeno tre soggetti distinti e indipendenti, tre sfere e tre ambienti: il soggetto delle azioni e passioni, il supposto, l'individuo, la persona così complessa e misteriosa: corpo, anima, grazia. Non esiste un uomo solo corpo, solo anima, solo grazia. Occorre appena rilevare che l'essere descritto da certi clinici, psicologi, psichiatri, antropologi, moralisti che identificano ogni attività umana in una funzione elettrica, chimica e fisica, o in una funzione intellettiva pura, o nell'apparato soprannaturale della grazia, non esiste. E' un errore : l'uomo cristiano è un uomo completo. Hanno ragione pure coloro che considerano il corpo e l'anima come espressione di una stessa realtà ? Aristotele diceva che il corpo è solo strumento dell'anima; Kleges afferma che il corpo è solo una rivelazione dell'anima; Forel insegna che l'anima è una funzione del corpo; Kretochmer dice che l'anima è l'esperienza vissuta; Novalis insegnava che l'anima è solo il mondo esterno, interiorizzato; Marx diceva che l'anima è un modo di manifestare gli elementi materiali. Però sbagliano tutti.
È chiaro che, quando vogliono esprimere in concetti serrati e precisi cosa si intenda per anima e corpo, partendo da visioni particolaristiche, a volte completamente opposte, si imbattono in grande difficoltà. Occorre innanzitutto respingere l'ipotesi meccanicista; gli atteggiamenti evoluzionistici puri, in senso da escludere l'intervento diretto di Dio: l'uomo non è una macchina e neppure un animale bruto; non è un angelo e neppure una colonia di elementi; l'uomo è l'uomo: sintesi indefinibile di anima e corpo, corpo e anima, anzi anima in-corporata, non imprigionata, ossia corpo animato: non respingerei la definizione scolastica: animalis rationalis. il cristiano è sintesi di corpo, anima e grazia. Come non si può ridurre l'attività umana tutta a stimoli, a combinazioni, a reazioni, a riflessi, non si può concludere che certi atti dipendono da un determinato fattore o «assolutamente», da gruppi di determinati fattori, A volte dipendono da un fattore, a volte da un altro, a volte da tutti. Tutti, cause ed effetti e condizioni, possono essere presenti in ogni atto o in qualche determinata azione, più o meno percepiti; ma non possono, genericamente parlando, ritenersi separati, operanti da soli, ad uno ad uno, o a gruppi per categoria scolastica; per spiegare la natura e il comportamento del singolo essere umano, non bastano le tavole di questo o quell'autore. Come nessuna scoperta può ancora spiegare, almeno con sicurezza ed esaurientemente, come si passò dal mondo inorganico al mondo organico, dal mondo organico alla sfera psichica, dalla sfera psichica alla sfera puramente spirituale; così non si possono accettare tutte quelle affermazioni materialistiche e umanitaristiche che vorrebbero identificare corpo ed anima come se fossero due manifestazioni dello stesso essere; parimenti non si possono accettare tutte quelle descrizioni che spiegano il comportamento umano come se l'anima fosse la dispotica padrona del corpo e potesse fare e disfare tutto a suo piacere; come non si può spiegare il comportamento della grazia, come se fosse la bacchetta magica degli educatori santi.
In linea generale questo impero dispotico non lo esercita neppure la Fede; e quando, raramente, essa sembra costituirsi pilota ed auriga di una vita nuova, questo non si spiega se non ricorrendo ad una economia superiore, a quella causa Suprema che sospende certe leggi di natura ed introduce, nel regno inesplorato dell'anima redenta, il miracolo o il mistero. La sintomatologia comune e la statistica scientifica dei fatti può essere un buon ausiliare; anzi questo mistero va curato e se ne deve tener conto con una certa severità, ma non ha sempre valore assoluto; quindi il direttore di coscienza non deve e non può accettare ad occhi chiusi qualsiasi conclusione, qualsiasi sistema più o meno inquadrato in determinate categorie. Sta qui la sua difficoltà, sta qui la sua abilità; da certi dati analitici trarre per contro proprio una certa sintesi. Quindi mi fanno sorridere certe regole categoriche, certe preclusioni o certi responsi, certe proposizioni inamovibili. Non si tratta dell' «uomo», ma si tratta di questo « uomo». Certe banalità non soltanto fanno sorridere amaramente, ma inducono a riflessioni assai preoccupanti, anche se portano firme illustri che redigono quotidiani e rotocalchi, magari sedicenti cattolici. Per esempio non è possibile negare che certe macchine risolvono diecimila moltiplicazioni al secondo; che si potrebbe costruire una macchina della memoria; ma resta sempre una abissale differenza tra l'uomo concreto e la macchina: l'uomo pone a sé il problema da risolvere, e questo problema poco importa che poi lo risolva o meno; la macchina risolve solo i problemi posti a lei dall'uomo, ma non è capace di porseli. La macchina non è libera, è determinata, non può voler sbagliare, non può ingannare consideratamente, perché non ha coscienza né di sé, né degli altri. Così, certi scrittori pongono i loro problemi e li risolvono a loro modo; ma non pongono i problemi dei miei seminaristi, dei miei sacerdoti e non li possono risolvere. Debbo risolverli io. Altri identificano la vita dell'anima con reazioni chimiche: tutto è materia o funzione della materia. Altri pensano che l'anima sia come una funzione del cervello; certo è che la scienza può identificare certi disturbi funzionali in lesioni di determinati punti del sistema nervoso e soprattutto dei cervello, ma questo non vale a risolvere i fenomeni psicologici, in concreto: non esistono le malattie, ma i malati; non esiste la santità, ma i santi. (Queste affermazioni vanno prese cum grano salis, ma nei nostri manuali correnti vi è ancora troppo personalismo e nominalismo). La difficoltà viene aumentata dal fatto che in tante di quelle che diciamo funzioni corporee, come in quelle che chiamiamo funzioni spirituali, si inseriscono funzioni superiori e funzioni inferiori. Questo, con più o meno chiarezza, lo insegnavano già i Padri della Chiesa e gli asceti del medio evo. Questa è la dottrina spiegata abbastanza chiaramente da S. Francesco di Sales nelle sue opere.
In questa conversazione non possiamo neppure prendere in esame la moderna distinzione tra anima e spirito, che per noi cattolici non ha senso, poiché per noi l'anima è lo spirito, e viceversa. E neppure il medico è capace di tracciare una linea di demarcazione tra fenomeni psichici e fenomeni spirituali; tra fenomeni psichici e fenomeni chimici; tra fenomeni fisici e fenomeni fisiologici.
Un'altra regione inesplorata è quella dell'inconscio e del conscio, tanto più se si tiene conto che il contenuto del termine psichico è molto labile e comprende una regione sensitiva, intellettiva, istintiva e volontaria. La psicologia, la psichiatria, la filosofia antropologica moderna non rare volte vanno a tentoni, in questa landa, e dànno l'impressione di far più della fantascienza che non della scienza. Per esempio, la distinzione in quattro stadi della vita umana: fisico, organico, psichico e spirituale, dove pone i suoi limiti? È vero che S. Tommaso distingueva già fenomeni psichici che dipendono in maniera diretta dal corpo, per esempio la conoscenza a mezzo dei sensi esterni, dai fenomeni che ne dipendono solo mediatamente, come la formazione delle idee, l'intuizione e le esperienze spirituali. Ma allora che cosa è certo? Nonostante le difficoltà intrinseche, che non permettono in una determinata azione dell'uomo in concreto scindere e prescindere dall'influenza reciproca del corpo e dell'anima; nonostante il ponderoso problema della loro interdipendenza, tuttavia una cosa è certa: che è molto difficile stabilire in ogni atto umano quanto vi entra di corporeo e quanto vi entra di psichico; quanto vi entra di spirituale puro e quanto vi entra di grazia, se l'uomo è cristiano. Per questo il direttore di coscienza deve rendersi attento ad ogni sfumatura di sintomi che potrebbero sfuggire, provocare equivoci, responsi sbagliati, direttive disastrose. Ricorre sempre il problema: in che rapporto stanno le attività del corpo e dell'anima? Se vogliamo semplicemente dare un'occhiata ad alcune ipotesi a carattere divulgativo, che hanno però la capacità di influenzare l'opinione dei profani, non sarà tempo sprecato.
Una opinione abbastanza diffusa oggi, per esempio, è che tutta l'attività dell'uomo si riduca ad una attività elettrica. Questa opinione risolverebbe tutta l'attività umana partendo da 340 grammi di sostanza grigia cerebrale; però non tutti arrivano a queste aberrazioni. I tentativi di Schopenauer, Freud, Klages sono andati incontro al fallimento perché volevano ricondurre tutta l'attività umana all'egoismo, alla sensualità, alla volontà di potenza o al panlogismo. Queste valutazioni unilaterali ed orientamenti esclusivisti ormai sono superati. Avendo creduto di spiegare il comportamento umano con le combinazioni di elementi che scaturirebbero da queste tendenze — istinto di contraddizione e di distinzione — hanno dimenticato che l'uomo non è una colonia ma è la sintesi più meravigliosa che esista nell'universo. Queste persone, innegabilmente intelligenti, erudite e geniali, essendosi poste su una cattiva strada, hanno dovuto elencare sino a 18 istinti fondamentali; anzi i loro discepoli ne hanno trovati oltre 50; e c'è persino chi ne ha enumerati 14.046 ( ! ! !). Come spiegare queste aberrazioni? Quando non si tiene presente che anche dopo molti anni Alexis Carrell potrebbe riesumare il suo libro: « L'uomo, questo sconosciuto », ci si può inoltrare in una boscaglia senza più uscirne. A onor del vero, questi sogni di fantascienza sono ormai superati e si devono, con tutta probabilità, al fatto che non sì è distinto tra la psiche dell'animale e quella dell'uomo: non si tenne conto che tra l'anima umana e la psiche animale corre una differenza abissale, non solo di quantità di dati, ma di qualità. Il mondo degli animali non è il mondo dell'uomo: il posto che occupa nel mondo l'animale più progredito è assolutamente diverso dal posto che occupa nel mondo l'uomo meno progredito. La sintesi dell'animale è l'istinto; la sintesi dell'uomo è la libertà. La reale o apparente somiglianza di alcuni dati somatici, prescindendo dal grave problema della evoluzione, non indica identità di funzione. Il pennello di un imbianchino, per il fatto che può aver delle somiglianze col pennello del pittore, non indica che l'imbianchino sia un pittore; qualunque rasoio affilato per barba non sarà mai un bisturi. Con questo non si vuole affermare però che l'uomo non agisca mai per istinto. Ma il termine istinto, nella psicologia moderna, non vuol significare sempre la stessa cosa; a volte vuol dire atto involontario, a volte azione in comune tra l'uomo e il bruto, a volte oscurità di concetti. La nutrizione e la sessualità sono due fatti istintivi, ma nell'animale seguono leggi fisse o quasi; nell'uomo possono essere sempre sublimati e trasferiti in un piano artistico, etico, religioso. Alcuni atti avvengono in forma autonoma anche nella vita dell'uomo; per esempio, la nutrizione di alcuni individui, suggestionati in seguito a disturbi psichici; e le polluzioni notturne. Però ripetiamo che tra il comportamento dell'animale e quello dell'uomo la diversità è incommensurabile. Quindi le soluzioni materialistiche, sensiste, immanentiste sono da rigettarsi.
Allora dobbiamo concludere, pessimisticamente, che « ignoramus et ignorabimus » ? No. Anche se Bunk ha affermato che « nascita e morte, giorno e notte, primavera e inverno, istinto e coscienza, tutto è miracolo intorno a noi e nulla può essere realmente compreso, e che il nostro intelletto non è in grado di cogliere la più piccola parte del sistema del mondo umano e la nostra scienza non è capace di rispondere alle questioni più importanti del nostro spirito e di soddisfare i desideri più grandi dell'anima nostra » ; noi non possiamo accettare questa disperata posizione. Certamente noi sacerdoti alla psicologia razionale, che abbiamo studiato in seminario, dobbiamo aggiungere lo studio della psicologia sintetica e sperimentale, conoscere la neurosi, le malattie dei lobi frontali, la modificabilità degli stati d'animo, le malattie del neoencefalo, le malattie del diencefalo, i risultati della psicochirurgia, le psicosi e gli scrupoli, le funzioni cerebrali in genere, l'endocrinologia, gli elementi principali dell'anatomia, un po' di fisiologia, molta teologia antropologica, molta ascetica, tra cui la « discretio spirituum ». Escludere la conoscenza della metafisica, della etnologia, della psicologia e di alcune nozioni di medicina e di igiene costituirebbe una carenza che si potrebbe pagar cara, una ignoranza colpevole che avrebbe inevitabili influenze anche nello esercizio della Fede e nello sfruttamento della Grazia di Dio. Il trascurare la preghiera e l'impegno serio forse sarebbe una colpa anche peggiore. Chi può unire la capacità di osservazione con la possibilità di uno studio sistematico è in dovere di farlo. Chi può riunire in quella fucina, che S. Tommaso chiamava Thesaurus memoriae, le esperienze più svariate, lo deve fare. Non tutto sarà chiaro, ma dove non arriveremo mai noi, arriverà Dio, quando noi avremo fatto tutto quello che potremo, anche sfruttando le scoperte moderne.
Mi permetto di aggiungere un'altra osservazione. L'uomo, nel suo agire, dipende dal passato e dal presente, dipende dai caratteri ereditari, dipende dalle influenze dell'ambiente, sia materiale sia morale, dipende, più o meno, da tutte le membra del suo corpo come dipende dal comportamento degli altri o da quello che egli immagina essere il suo futuro. Disgraziatamente, noi sacerdoti, almeno in pratica, ci si contenta di analizzare i dati del presente e così come li manifesta consciamente o inconsciamente il soggetto che si mette, volontariamente o involontariamente, nelle nostre mani; invece occorrerebbe, innanzi a qualunque anima che si apra o che dobbiamo aprire, insieme con una rilevante dote di umiltà, un rispetto dignitoso, un impegno generoso, sostenuto da tanta preghiera, perché il vero nocchiero dell'anima battezzata è lo Spirito Santo; esserne persuasi è già molto; mettersi strumenti docili a Sua disposizione è tutto; ma non bisogna dimenticare mai che, nell'economia della salute in genere e nell'educazione in specie, le cause seconde esercitano una funzione stabilita, e quindi irrinunciabile, dal Creatore. Queste cause seconde sono la nostra intelligenza e il nostro cuore; ma l'intelligenza non è quella che volgarmente si definisce da alcuni, per una inconscia poltroneria, « lumen nasi », e il cuore non si identifica con un po' di tenerume e di debolezza. Col contorno di qualche rosario stonato, certi disturbi nella sfera della intelligenza, della volontà, della libertà non si vincono; rimandarli o, peggio, sottovalutarli o contentarsi di affidarli solo a Dio, quando Lui li ha affidati anche a noi, è disprezzo della Sua volontà.
Occorre appena ricordare che va sempre distinto il giudizio della superabilità di un comportamento, dal giudizio che si deve dare sulla attitudine del soggetto ad una determinata vocazione. Può darsi che un individuo sia completamente, o quasi, irresponsabile di certi suoi atti, ma non se ne deve tirare la conseguenza che per questo sia meno inadatto ad una determinata vocazione; un povero giovane, senza sua colpa, può essere inadatto alla sintesi e non dovrebbe essere avviato alla carriera medica; può essere che senza sua colpa non abbia comunicabilità, e non dovrebbe essere avviato alla carriera di magistero; può essere che, senza sua colpa, un giovane abbia tendenze spiccate per una vita più terrenistica che apostolica. e non dovrebbe essere avviato al sacerdozio, per cui occorre una speciale impostazione di idee e di comportamento. Insomma, attitudine non è uguale a responsabilità: questo gli educatori devono saperlo e dovete saperlo voi che siete Educatori qualificati, Padri spirituali e Rettori dei nostri seminari; ne dovete essere certi e trarre tutte le conseguenze, facendole coraggiosamente note e negando il vostro voto, sia pure con tutta umiltà, anche innanzi a quei Vescovi che fossero soltanto preoccupati del numero e del prestigio. E quel che dico dei Vescovi va detto dei Superiori Maggiori. Non è vero che è meglio un prete mediocre che un non prete, tanto più poi è falso quello che ho sentito ripetere da un responsabile: che un prete cattivo, per quanto sia tale, è sempre un prete ed un bene per la Chiesa. No, direi piuttosto che un prete di più (!), nella Chiesa cattolica, rappresenta un male maggiore che dieci preti di meno (!). Non è soltanto il numero dei sacerdoti che mantiene Cristo nel mondo, ma è una certa categoria di sacerdoti quelli che avrete formato con la vostra scienza profana e sacra, col vostro impegno morale e ascetico, con la vostra teologia teoretica e pratica, con la vostra preghiera allo Spirito Santo datore di ogni bene, con la vostra intelligenza, con la vostra attenzione, col vostro impegno, con la vostra fede dinanzi a questo mistero che è l'uomo con le sue virtù e con i suoi vizi, con le sue carenze e con i suoi slanci generosi, con la sua natura e con la grazia di Dio che auguro a tutti voi in Cristo Gesù che ci fece « dispensatores mysteriorum Dei ».

Nessun commento:

Posta un commento