Paul Vitz |
La psicologia in ripresa
Paul Vitz
Marzo 2005, First Things
La psicologia moderna, come la Gallia di Cesare,
è stata tradizionalmente divisa in tre parti: la psicologia sperimentale, la
psicologia dei test e delle misurazioni, e la psicologia terapeutica. Tutte e
tre le branche sono entrate in attività dalla fine del diciannovesimo secolo,
ed in tutte e tre si possono osservare, da allora, delle trasformazioni
impressionanti che credo che promettano bene per il futuro. Come alcuni lettori
potrebbero sapere, io sono stato un critico esplicito e piuttosto duro di una
gran parte della psicologia popolare nella mie prime pubblicazioni degli anni
settanta ed ottanta. Resto di quelle idee. Ma molto è cambiato, ed è cambiato
(con mia sorpresa) per il meglio. Particolarmente nella disciplina terapeutica,
e specificatamente nella scorsa generazione, si è sviluppata una comprensione
nuova e salutare di cosa sia e di cosa non sia la psicologia. È a questi
avanzamenti nella psicoterapia che porrò attenzione qui di seguito. Ma inizierò
a tratteggiare i cambiamenti nelle altre due branche della psicologia.
Psicologia sperimentale. Questa
branca della psicologia inizia nella metà del diciannovesimo secolo e possiede
un’enfasi fortemente fisica, studiando la sensazione, la percezione ed il
comportamento; essa in origine incluse la sperimentazione animale ed ingrandì
il suo focus sulle funzioni cerebrali. Alla fine degli anni sessanta l’espressione
“psicologia sperimentale” cadde in disuso e il campo si divise in due differenti
branche: la psicologia cognitiva e la psicologia fisiologica. Negli ultimi
trent’anni circa, questi due campi si sono a loro volta trasformati, con la
psicologia fisiologica che è ritornata decisamente alle sue origini biologiche
ed è diventata quella che ora si chiama neuroscienza. Nel mentre, la psicologia
cognitiva (con il suo focus sulla memoria, la schematizzazione, l’apprendimento,
il problem-solving, la sensazione, la percezione e simili) ha subito una
metamorfosi simile, dando origine ai campi delle neuroscienze cognitive (che si
focalizzano sull’attività cerebrale) e della scienza cognitiva (che si
focalizza sull’intelligenza artificiale e la robotica).
È importante sottolineare che la progenie attuale
di quella che originalmente era chiamata la psicologia sperimentale è stata
accettata tra i membri della comunità delle “scienze pure”. Le nuove
sottodiscipline delle neuroscienze e delle scienze cognitive non mantengono nei
loro nomi alcun riferimento alla “psicologia”, e i loro professionisti mostrano
un interesse sempre minore per quello che è generalmente inteso come
psicologico. Mi pare che non sia un movimento esterno alle origini della
psicologia sperimentale, ma piuttosto uno sviluppo autonomo sorto dalle radici
originarie della disciplina, piantate nella scienza biologica e fisica.
Test e misurazioni. Questa
branca è forse la meno famosa delle tre, ma possiede un pedigree di valore ed
ha provato la sua utilità. I test e le misurazioni iniziarono all’inizio degli
anni venti. Si focalizzarono dapprincipio sulla misurazione dell’intelligenza
ma presto si estesero ad altre aree di valutazione, come le attitudini
occupazionali. Le tecniche sviluppate in questa branca ci aiutano ad
identificare differenti patologie mentali: per esempio, l’MMPI-2 misura la
depressione, l’ansia, la schizofrenia, e le caratteristiche di personalità; ed
il Manuale Diagnostico e Statistico permette agli psicologi di assegnare ad
ogni cliente una categoria diagnostica del disturbo mentale. (Il DSM, al di là
dei molti limiti e di altre difficoltà, si è dimostrato estremamente utile come
standard di riferimento). Inoltre gli sviluppi in questo campo sono utili misurazioni
del benessere generale legati a variabili sociali come lo status coniugale, la
struttura familiare, l’utilizzo di droghe, la classe sociale, e così via.
Il tipo di scienza sociale che viene fatto nel
campo dei test e della misurazione è estremamente informativa, ed io mi aspetto
che questa disciplina (al di là dell’imperfezione di alcuni dei suoi strumenti)
continui ad apportare contributi alla psicologia nel suo complesso. Inoltre,
come abbiamo visto per la psicologia sperimentale, la logica interna dello
sviluppo di questo campo può tendere ad allontanarla dalla branca della
psicologia, e nel futuro i suoi professionisti potrebbero diventare parte di un
programma delle scienze sociali in generale, o è possibile che diventino parte
del campo della statistica.
La psicoterapia. Questa terza branca
della psicologia, che si focalizza sulla salute mentale e la personalità umana,
è ciò che si intende col termine “psicologia” nel discorso comune. Molte
persone potrebbero associarla, abbastanza correttamente, a Sigmund Freud. Nel
1890 Freud fondò quello che conosciamo come il mondo psicoterapeutico, in cui
il professionista (qualunque sia la sua teoria di riferimento) si focalizza sul
prender parte, ed esaminare, la sessione terapeutica. Freud fu seguito da
figure come Alfred Adler, con il suo interesse sui complessi d’inferiorità, l’io,
e l’interazione sociale, e Carl Jung, con la sua attenzione agli archetipi
inconsci e l’auto-realizzazione. Anche i neo-freudiani degli anni ‘40 e ‘50
enfatizzarono l’io, ma introdussero molti altri elementi: di particolare
importanza per loro erano le relazioni precoci con la figura della madre.
Oggi, la psicoterapia è una compagine ampia e
complessa, con molti approcci diversi e forme di terapia, e molti
psicoterapeuti contemporanei sono formati in un modo davvero eclettico. È
doveroso notare, però, che una cosa non più inclusa in questo curriculum
eclettico è la psicoterapia freudiana, che è quasi interamente scomparsa dai
programmi d’apprendimento americani. Ci sono molte ragioni per il declino della
teoria freudiana nella professione, ma quella su cui voglio soffermarmi qui è l’aumentata
comprensione della professione e delle sue capacità. Freud sosteneva che il suo
lavoro fosse scientifico, che la psicoterapia fosse una scienza pura e che,
quando il tempo sarebbe trascorso, nuove ricerche l’avrebbero validata. Altri
psicologi della prima ora come Jung ed Adler credevano che le loro comprensioni
si sarebbero sviluppate in una vera scienza naturale. Oggi è chiaro che questo
concetto scientifico della psicoterapia è insostenibile.
Come abbiamo visto, le altre due branche della
psicologia moderna hanno correttamente compreso le loro ispirazioni di base ed
hanno proseguito sino a raggiungere uno status genuinamente scientifico. La
psicoterapia nella generazione passata ha compreso in modo simile che la sua
ispirazione di base è umanistica, e che i fondatori fecero un grave errore
categoriale nel dire che dovesse essere una scienza. Il diciannovesimo secolo è
stato l’apogeo della fiducia morale ed intellettuale nella scienza, ed è facile
vedere perché i primi psicologi abbiano prematuramente applicato i concetti
della scienza naturale ai fenomeni psicologici. L’utilizzo da parte di Freud
del modello dell’energia della mente umana è un chiaro esempio di uso della
fisica del suo secolo. Lo stesso è vero per le nozioni idrauliche e di equilibrio
tratte da altre scienze. All’inizio degli anni ‘60 e ‘70, il modello della
mente del computer fu utilizzato come una metafora generale che si è provato
essere abbastanza limitante. Più recentemente, le idee provenienti dalla
biologia evoluzionista sono state utilizzate al fine di spiegare la psicologia
umana. In tutti questi esempi, i modelli della mente hanno avuto solo un’utilità
modesta, in quanto metafore generiche.
In pochi casi, di sicuro, gli psicologi presero i
loro modelli dalle scienze umane. Il Complesso di Edipo di Freud è stato un
primo esempio dell’utilizzo di un modo letterario e narrativo per spiegare la
personalità. Gli archetipi di Carl Jung furono tratti dalle scienze umane e
spesso manifestarono un carattere narrativo o mitologico. La cosa cruciale da
notare è che questi utilizzi del mito, della letteratura e della religione
erano tanto più presi a prestito quanto i richiami ai concetti derivati dalla
scienza. La psicologia non si è mai evoluta con suoi concetti di base, generati
in proprio. La franca ammissione della sua incapacità a farlo è certamente un
passo importante sulla strada del recupero di un’adeguata comprensione delle
capacità e dei limiti della psicologia.
Gli psicologi nel mondo della terapia oggi hanno
riconosciuto che la loro comprensione della persona umana non è divenuta più
scientifica. Piuttosto, essi non credono più che il definire la loro disciplina
una scienza sia possibile nella pratica o desiderabile nella teoria. Invece,
gli psicologi hanno compreso che la psicoterapia comprende meglio se stessa e
serve al meglio i suoi clienti collocandosi nelle scienze umane e facendo uso
di concetti ed approcci tradizionalmente scoperti lì. Per esempio, teorici
recenti come Roy Shafer, Donald Spence, Jerome Bruner, e Dan McAdams hanno
evidenziato una comprensione narrativa della personalità, come la narrazione
degli aspetti della conoscenza in generale e della sessione terapeutica in
particolare. Altri hanno posto la psicologia nell’ampio campo dell’ermeneutica,
in cui essa diventa parte delle cornici interpretative maggiormente vicine alla
teologia, alla filosofia ed all’etica rispetto alla scienza tradizionale. Il
risultato è che la psicoterapia ha iniziato a ritornare alle sue origini dell’era
pre-moderna, quando la psicologia era ritenuta essere una sottodisciplina della
filosofia.
C’è ancora un certo grado di genuina osservazione
scientifica ed una modesta proporzione di ricerca sperimentale presente nel
campo della psicoterapia di oggi, per esempio, la ricerca che mostra come le
esperienze precoci contribuiscano alle patologie mentali. Nel futuro saremo
fortunati nel vedere un numero maggiore di contributi provenienti dalla ricerca
sulle esperienze che edificano la forza del carattere e la virtù (su cui dirà
di più in seguito). Ma una volta che la psicologia abbandona la sua modesta
base scientifica ed oggettiva, inizia ad utilizzare concetti e cornici
interpretative che sono intrinsecamente non scientifiche e, quindi, filosofiche
in natura. Il risultato è che la psicologia sta diventando una filosofia di
vita applicata.
Nella psicoterapia contemporanea l’evidenza di
questa nuova comprensione è fornita da un nuovo sviluppo noto come “psicologia
positiva”. È chiaro che vari psicologi hanno anticipato questo sviluppo recente,
in particolare Alfred Adler ed Abraham Maslow (con la sua psicologia della
“terza via” e le sue enfasi positive). Adler e Maslow, però, furono soprattutto
teorici. È stato il ruolo di Martin Seligman, un ex presidente dell’American
Psychological Association ed un professore di psicologia all’Università della
Pennsylvania, ad agire come catalizzatore per la psicologia positiva e per
promuovere il suo sviluppo come un campo di ricerca della psicologia
accademica.
Al fine di comprendere la psicologia positiva,
dobbiamo prima fornire una breve descrizione della sua opposizione alla
psicologia “negativa”. Per Seligman, ed ora molti altri, la psicologia negativa
si riferisce alla psicologia degli ultimi cento anni, iniziata da Freud. Tale
psicologia era focalizzata sui traumi e sulle patologie. È abbastanza naturale,
secondo Seligman, che la psicologia si fosse focalizzata primariamente sulla
malattia. Seligman stesso, agli inizi della sua carriera, portò un contributo a
tale psicologia negativa: fu celebre per aver identificato l’impotenza appresa
negli animali e negli umani come una fonte importante per la depressione. Ma fu
chiaro, a lui ed ad altri, che dopo cento anni di tentativi per comprendere i
problemi umani fosse tempo di studiare le forze o le caratteristiche positive.
In aggiunta, per molti psicologi è chiaro che dalla sessione terapeutica
relativamente standard non c’è molto di più da apprendere.
L’enfasi pressoché esclusiva sulla psicologia
negativa ha avuto anche delle conseguenze indesiderabili. Ad esempio, ha
contribuito alla diffusa mentalità vittimistica caratteristica dell’attuale
società americana. La psicoterapia è stata una delle discipline moderne più
influenti: direttamente o indirettamente, ha cambiato il modo in cui molti di
noi pensano se stessi. La prospettiva generalmente fornita dalla psicologia
negativa è che siamo tutti vittime dei traumi passati, dell’abuso e della
negligenza causata da altre persone. Questa mentalità vittimistica è stata
ampiamente notata e criticata, abbastanza legittimamente, per essere diventata
estrema. Molti di noi possono vedersi come vittime, ovvero, come affetti da
peccato, ma pochi di noi si riconoscono come autori di vittime: come peccatori.
In molti modi questa mentalità da vittima è una conseguenza della struttura
della psicoterapia tradizionale, che può solo identificare le tue ferite
e problemi e le loro possibili fonti. I terapeuti riportano che è raro per
chiunque presentare al terapeuta un problema che lui ha causato ad un altro.
Un’altra conseguenza di disturbo di questa
mentalità è la credenza generalizzata che non siamo responsabili delle nostre
cattive azioni, dal momento che esse sono causate da quello che gli altri ci
hanno fatto. Ovviamente, in molti casi, anche nei casi criminali, ci sono
circostanze attenuanti, ma io credo che gli americani più ragionevoli credano
che siamo andati troppo oltre nel giustificare le persone con delle scuse.
Non è che Seligman o molti altri psicologi
credano che la psicologia negativa sia sbagliata o inutile. Il problema è che è
abbastanza unilaterale. Quello che è necessario per bilanciare la comprensione
della persona è un riconoscimento delle caratteristiche umane positive che
possono guarire molte delle nostre patologie ed aiutare a prevenire i problemi
psicologici nella vita futura di ognuno. La psicologia positiva quindi
enfatizza i tratti che promuovono la felicità e il benessere, proprio come i caratteri
di forza quali l’ottimismo, la tenerezza, la resilienza, la persistenza e la
gratitudine. Queste caratteristiche positive, qualche volta chiamate dagli
psicologi “forze del carattere” o anche “forze dell’io”, saranno riconosciute
dai membri di tutte le maggiori religioni e dalla maggior parte dei filosofi
come dei nomi per quelle che sono state solitamente chiamate “le virtù”.
Nel loro libro Character Strenghts and
Virtues: A Handbook and Classification, Christopher Peterson e Martin
Seligman propongono che la psicologia “reclami lo studio del carattere e della
virtù come argomenti legittimi dell’indagine psicologica e del discorso
informativo della società. Fornendo modi per discutere delle forze del
carattere e per misurarle lungo l’arco di vita, questa classificazione [del
carattere e della virtù] inizierà a rendere possibile una scienza delle forze
umane che vada al di là della filosofia e della retorica politica. Crediamo che
il carattere buono possa essere coltivato, ma per farlo abbiamo bisogno di
strumenti concettuali ed empirici per abilitare e valutare gli interventi”.
Peterson e Seligman distinguono tre livelli
concettuali: le virtù, al livello più alto; le forze del carattere; e i temi
situazionali. Nella loro visione, le virtù “sono le caratteristiche centrali
valutate dai filosofi morali e dai pensatori religiosi: saggezza, coraggio, umanità,
giustizia, temperanza, e trascendenza. Queste sei ampie categorie di virtù
emergono consistentemente dalla disamina storica... Noi sosteniamo che queste
siano universali, forse basate nella biologia attraverso un processo
evoluzionistico che le ha selezionate per questi aspetti di eccellenza come
mezzi per svolgere gli importanti compiti necessari per la sopravvivenza della
specie. Noi sosteniamo che tutte queste virtù debbano essere presenti nei
valori d’eccellenza affinché un individuo sia considerato un buon carattere”.
Le forze del carattere sono le componenti di base
che andranno a costituire le virtù. Per esempio, la virtù dell’umanità include
le forze del carattere dell’amore (ad. es., le relazioni strette con gli
altri), la benevolenza (ad es., la generosità e l’accudimento), e l’intelligenza
sociale (ad es., l’intelligenza emotiva e la sensitività). Gli autori
forniscono un insieme di dieci criteri abbastanza dettagliati per quello che
costituisce una forza del carattere. I temi situazionali sono abitudini
specifiche e tipi di comportamento che manifestano le forze del carattere in
date situazioni. Così, per esempio, l’empatia sul posto di lavoro si esprime
nei modi di anticipare e d’incontrare i bisogni degli altri a livello del
comportamento.
Peterson e Seligman elencano sei virtù centrali,
e non è difficile fornire i nomi della tradizione Cristiana o Greco-Romana per
esse. La loro spiegazione della saggezza e della conoscenza è molto vicina alla
virtù tradizionale della prudenza; l’umanità è vicina alla carità; il coraggio,
la giustizia e la temperanza non hanno cambiato i nomi; e la loro sesta virtù,
la trascendenza, non è lontana dalla speranza e dalla fede.
Gli autori passano in rassegna le maggiori
tradizioni religiose e filosofiche sia occidentali che orientali, difendendo l’universalità
della loro definizione delle sei “virtù superiori”. In questo percorso, essi
fanno riferimento esplicitamente, tra gli altri, ad Aristotele e all’Aquinate.
Nella disamina delle caratteristiche umane positive
che necessitano di essere coltivate per rafforzare una persona e per aiutarla a
guarire le sofferenze passate, la psicologia, inconsapevolmente, ha effettuato
un cambiamento concettuale importante. Il modello precedente di una psicologia
negativa era basato interamente su di una visione del mondo scientifica e
tradizionale secondo cui il passato causa deterministicamente il presente.
Nello spostarsi verso una psicologia positiva, la disciplina si è mossa non
solo dalla scienza alla filosofia, ma anche dal passato e dai suoi effetti al
futuro, da un determinismo meccanicistico alla teleologia.
Ci sono molte ragioni per credere che la
psicologia positiva non sia una semplice proposta di breve durata. Una semplice
ragione è che essa offre un modo innovativo di pensare la psicologia e molti
nuovi ed importanti argomenti che aspettano di essere esplorati
sistematicamente, e che si traducono in opportunità di carriera per un grande
numero di giovani psicologi. Stiamo assistendo alla fondazione di nuovi istituti
e facoltà, presso le maggiori università americane, dedicati alla psicologia
positiva, e lo sviluppo di un gran numero di studenti e ricercatori
strettamente connessi. Una ragione ancor più sostanziale per la longevità di
questa nuova psicologia positiva è che essa connette la psicologia ad un grande
e potente ambito di pensiero e di discorso circa la natura umana che è rimasto
precedentemente intoccato dalla moderna teoria e sperimentazione. Scoperte
significative avranno un effetto immediato sulla pedagogia, l’educazione, ed è
abbastanza possibile anche sulla stessa psicoterapia.
Per il futuro della psicologia, un aspetto
importante della trasformazione della disciplina dalla scorsa generazione è
stato il cambiamento della visione della religione da parte della psicologia.
Una volta considerata un fenomeno negativo o immaturo o patologico, la
religione non è più disprezzata, e molti psicologi persino la vedono sotto una
luce positiva. Questo è successo in parte perché la ricerca ha dimostrato che
le persone seriamente religiose tendono ad essere più felici, più in salute, e
più longeve. In aggiunta, la popolarità della spiritualità “new age” nella vita
della classe dirigente ha perlomeno reso i valori spirituali come qualcosa da
prendere seriamente. Non è più una prassi che i membri della nostra élite siano
dei dispregiatori della spiritualità o deridano l’impulso religioso.
(Certamente, le attitudini negative verso la religione tradizionale ed
organizzata rimangono tali).
La disciplina della psicologia, non appena è
diventata consapevole delle virtù e del bisogno di riscoprirle, ha iniziato a
sviluppare la virtù fondamentale della propria umiltà. La psicologia è
diventata molto più sommessa negli ultimi trent’anni. E questo è avvenuto per
diverse ragioni. Primo, la psichiatria e le scienze biologiche hanno apportato
nuovi contributi alla terapia, così che oggi le persone che soffrono di
depressione, di ossessioni, e di molti altri problemi psicologici prendono le
medicine, che risultano essere più efficaci, immediate ed economiche delle
terapie a lungo termine (al di là delle complicazioni e degli effetti
collaterali che i farmaci possono causare). Secondo, molti dei leader
entusiasti della psicologia e della psicoterapia negli anni ‘60 e ‘70 hanno
imparato presto quello che la maggior parte degli psicologi ha oggi
riconosciuto: che sebbene la psicoterapia sia utile, raramente fornisce una
trasformazione di vita o la felicità. Come risultato, molti stessi psicologi si
sono spostati verso la spiritualità e l’esperienza religiosa in quanto forma di
cura di maggior successo (Abraham Maslow fu uno dei primi esempi).
La pratica della salute mentale inoltre ha
forzato la psicologia a confrontarsi e a rivedere la propria concezione. La
gestione della salute mentale ha reso difficile per i pazienti frequentare una
psicoterapia a lungo termine, poiché le compagnie assicurative avrebbero pagato
solo le terapie a breve termine (un massimo di circa dodici sessioni). La
terapia a breve termine inoltre tende ad essere un tipo di terapia pragmatica
di tipo cognitivo/comportamentale, senza le grandiose ambizioni teoriche dei
primi sistemi psicologici. Inoltre, come misura di risparmio sui costi, la
Health Maintenance Organization ha iniziato a fornire la terapia tramite persone
solamente laureate, con il risultato che solo pochi clienti possono permettersi
di pagare il costo di un terapeuta con un dottorato.
Un altro sviluppo importante, e in qualche modo
un’altra esperienza di umiltà per la psicologia, è stato il successo e la
crescita della stessa psicologia. Nei primi tempi della psicoterapia, i
pazienti provenivano soprattutto dalle classi sociali più alte e dalle élite
sociali, specialmente dalle più secolarizzate. Per esempio, Sigmund Freud non
ha mai pubblicato la storia di un paziente che fosse davvero religioso; non è
chiaro se avesse mai avuto un paziente simile. E neppure, apparentemente, egli
ebbe dei collaboratori pienamente religiosi. Col passare del tempo, però, la
crescita dei programmi di psicologia delle università e la licenza di un gran
numero di psicoterapeuti formati, la clientela per la psicoterapia si è espansa
naturalmente per includere un pubblico maggiormente ampio. Negli Stati Uniti,
essendo la gran maggior parte delle persone religiose, è anche possibile che il
coinvolgimento con la religione sia aumentato negli anni recenti. Al fine di
trattare tali persone, gli psicoterapeuti hanno dovuto dedicarsi agli argomenti
religiosi e prenderli seriamente così da trattare i propri clienti con
rispetto. Ho anche notato che molti psicologi clinici oggi sono essi stessi
religiosi, ed è degno di nota che oggi il clero sia uno dei più importanti
network di riferimento per i clienti.
Infine, una ragione principalmente teorica per il
ridimensionamento dell’hubris iniziale della psicologia è stato il declino
dello stesso ideale secolare. Oggi siamo testimoni di un inizio di sviluppo
della Cristianità negli Stati Uniti ed in gran parte del mondo. All’interno del
Giudaismo, l’Ortodossia è cresciuta vigorosamente sia in Israele che negli
Stati Uniti. In tutto il mondo, il secolarismo sta appassendo.
Paradossalmente, la teoria postmoderna ha
contribuito a questa evoluzione. Le contraddizioni interne alla modernità, rese
evidenti inizialmente negli scritti di Nietzsche, vengono ora ampiamente
riconosciute. Al di là della validità delle affermazioni postmoderne, questo
cambiamento nel clima intellettuale è stato un altro fattore della resa
graduale degli psicologi all’ideale scientifico come obiettivo verso cui
orientare l’impegno.
Il postmodernismo ha anche riportato la questione
del costrutto del “sé”, centrale nella psicologia moderna, con il risultato che
i principali teorici della persona o del sé hanno perso molto del loro fascino.
(Forse le due teorie che si sono maggiormente eclissate con i recenti sviluppi
sono il Freudismo e il comportamentismo). La visione postmoderna consiste nel
fatto che ogni paziente merita la propria teoria. D’altra parte, tale visione è
discutibile, ma è almeno chiaro che se il sé è stato decostruito fino al punto
in cui, come alcuni teorici postmoderni affermano, non c’è alcun sé (almeno non
un sé coerente o integrato o autentico), allora le teorie psicologiche dell’auto-attualizzazione
non troveranno seguito né seguaci.
In breve, quando guardiamo le recenti
trasformazioni in tutte e tre le branche della disciplina, è chiaro che la
compagine psicologica sta diventando più vecchia e più saggia, più spirituale e
più pragmatica di quando nei suoi primi periodi fu troppo sicura di sé.
Concludo con una nota prudentemente ottimistica.
All’orizzonte vedo il potenziale per una psicologia che chiamo “transmoderna”.
Con questo termine intendo una nuova mentalità che trascenda e trasformi la
modernità. Così, essa sopravanzerà la psicologia moderna e postmoderna. Porterà
delle comprensioni trascendentali che potranno essere idealistiche e
filosofiche (ad. es. le virtù), così come spirituali e religiose. Trasformerà
la modernità apportando una comprensione intelligente di molta saggezza
premoderna. Recentemente la possibilità di contributi religiosi ad una
psicologia transmoderna sono diventati evidenti. L’International Forgiveness
Institute è stato istituito da Robert D. Enright all’Università del Wisconsin,
ed un istituto devoto allo studio dell’amore è stato fondato da Stephen G. Post
al Case Western Reserve. Entrambi gli istituti hanno ricevuto fondi
consistenti. È anche rilevante il fatto che l’American Psychological
Association abbia promosso attivamente e quindi pubblicato nel 2000 un libro
sul perdono nella psicoterapia, ad opera di Enright e Richard Fitzgibbons. Lo
psicologo Everett Worthington ha inoltre offerto un ampio contributo alla
comprensione del perdono, ed il suo lavoro ha ricevuto molta attenzione sia dal
pubblico generalista che dai media.
Inoltre, in anni recenti la teologia Cristiana
del personalismo si è sviluppata in un nuovo quadro concettuale di comprensione
della persona, includendo gli obiettivi della psicoterapia. Tale è il progetto
particolare di un altro nuovo istituto: l’Institute for the Psychological
Sciences, nella Virginia del nord. Infine, un’altra evidenza dell’emersione di
una nuova psicologia è il lavoro di Vincent Jeffries, che riprende i contributi
lungamente oscurati del sociologo di Harvard Pitrim Sorokin, il quale più di
cinquant’anni fa sviluppò il concetto di “integralismo”: un modello di scienza
sociale che include i fattori trascendenti e religiosi.
Questa nuova psicologia, se si sviluppasse,
sarebbe una disciplina più piccola e più modesta. Ma sarebbe anche molto più
utile. In un mondo transmoderno, la psicologia potrebbe essere l’ancella della
filosofia e della teologia, come era destinata ad essere sin dall’inizio.
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