Psicologia, da una parte, e realtà cristiana, dall'altra, si sono spesso guardati in "cagnesco", come ebbe a dire Roberto Marchesini nell'introduzione a Psicologia e Cattolicesimo di Rudolf Allers (D'Ettoris, Crotone, 2009). Basti pensare a cosa Freud diceva della religione ed a quanto il suo pensiero sia subentrato nella mentalità contemporanea. E questo è solamente l'esempio più semplice che si possa fare. Il risultato è che oggigiorno lo psicologo cattolico si trova spaesato in una marea di modelli clinici dalla dubbia bontà antropologica e, di conseguenza, rischia di vivere una forte scissione tra la propria vita - edificata sul riconoscimento di Cristo - e la prassi terapeutica - costruita sui pilastri dei "maestri" di scuola. Le università cattoliche sono sovente cattoliche solo nel nome. I contributi volti a ridurre lo spazio di tale ferita sono scarsi, e scarsamente interessanti. A onor del vero l'unità tra psicologia e cristianesimo, sotto varie forme, è stata parzialmente raggiunta ad opera degli operatori pastorali i quali si sono rivolti alla psicologia per cogliere di più e meglio l'uomo quale obiettivo del proprio operare.