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"Una psicologia medica cattolica deve essere una vera sintesi delle verità contenute nei sistemi già esistenti e inaccettabili visto il loro spirito di materialismo puro e le verità della filosofia e la teologia cattolica. Questo lavoro di sintesi non può essere compiuto che da persone istruite e nella medicina o psicologia e nella filosofia, e che possiedono una esperienza pratica e personale assai grande: cioè questo lavoro deve essere fatto da medici, specialisti di psichiatria, dunque da scienziati cattolici laici. (Rudolf Allers, 1936, lettera a P. Agostino Gemelli).

sabato 21 marzo 2020

Aver cura di sé - Luigina Mortari




Pubblichiamo la bella recensione del libro di Luigina Mortari, Aver cura di sé (Cortina, Milano 2019, 190 pp., 17 euro)  scritta dalla dot.sa Eleonora Alvigini, pedagogista. Da anni la professoressa Mortari, docente di pedagogia all'Università di Verona, compie un approfondimento della tematica della cura, attraverso diversi testi di cui Aver cura di sé è il più recente. Muovendosi da una prospettiva fenomenologica (Stein, Levinàs) e riallacciandosi al meglio della tradizione Platonica, il testo si addentra dentro un territorio propriamente psicologico e pedagogico che merita di essere conosciuto. Ringrazio la dot.sa Alvigini per il suo prezioso contributo.



 
Luigina Mortari
La cura è la qualità essenziale della condizione umana, è il modo di esserci a cui si deve dare forma. Gli uomini sono continuamente chiamati a prendersi cura di sé, cioè a procurare il necessario per conservare la vita, che la fa fiorire e che ripara le ferite.

La qualità del nostro essere è fatta di continuo divenire; siamo una serie di possibilità non ancora in essere. Questo ci pone davanti alla continua responsabilità di  dare forma, ciascuno al proprio essere possibile. Il dare forma al proprio divenire significa avere cura della vita. Per non correre il rischio di chiudersi in un movimento egoistico e, poiché il divenire di ciascuno è mescolato al divenire degli altri, siamo obbligati ad avere cura degli altri e del mondo.

Socrate, nell’Apologia (pag. 21), sostiene che l’educatore ha il compito di stimolare l’altro ad avere cura di sé fin da piccolo e spiega che l’essenza della cura di sé consiste nell’avere cura della propria anima, affinché questa assuma la migliore forma possibile. Quindi, l’educazione ha per fine la cura dell’anima, che non può prescindere dal conoscere se stessi e migliorare se stessi.

A ispirare la cura di sé secondo Socrate, è il principio secondo il quale: bisogna preoccuparsi non di ciò che si può avere, ma di ciò che si può essere.

Per avere cura dell’anima è necessario avere una direzione di senso e questa direzione è data dalla saggezza che è orientamento dell’anima, nutrito dalla ricerca del bene (virtù etica).

La spiritualità è la pratica e l’esperienza, per mezzo delle quali, il soggetto opera su se stesso le trasformazioni necessarie per avere accesso alla verità. La verità da cercare è il sapere dell’anima.

La cura di sé intesa come pratica di spiritualità va orientata a cercare le risposte alle questioni proprie dell’animo umano: cosa è bene, giusto e bello fare per inverare il tempo della vita (Socrate pag. 34).

Per conoscere se stessi occorre occuparsi del proprio pensare e del proprio sentire, in quanto connessi; in questo lavoro di autoconoscenza sono fondamentali dei passaggi, di cui si evidenziano in particolare:



PENSARSI  PENSARE

Si vuol intendere soppesare il valore e l’esattezza di ogni pensiero.

Ci sono pensieri fondamentali e pensieri superficiali; occorre indagare quelli che hanno un ruolo fondamentale nelle nostre decisioni, quali radici hanno certi comportamenti e quali sono i valori che informano l’intima essenza della persona.

Va posta particolare attenzione agli atti liberi, che sono oggetto di esperienza consapevole, innescati e voluti dal soggetto sulla base di un motivo: prendere posizione, affermare, negare, mettere in discussione, criticare, cambiare idea (Stein pag 60-61).

L’autoconoscenza, inoltre, non può prescindere dagli atti sociali (accogliere, rifiutare, perdonare configgere..); perché un atto sia sociale l’altro deve esserne toccato. Conoscersi significa anche interrogarsi sul mondo che abito, sulle relazioni che vivo e sulle esperienze che faccio (Stein pag. 62-63).



LE VIRTÙ DEL PENSARE

Tutta la cura di sé richiede di essere conformata, plasmata dalle virtù: onestà, perseveranza, coraggio della verità, umiltà di riconoscersi ciò che si è, prudenza.



LA FRAGILE FORZA DEL PENSARE

Più si pensa l’esistenza e si cerca di capire la qualità della vita umana, più risulta vivida la nostra vulnerabilità e quindi quanto ci sia da fare per vivere dignitosamente.

Questo lavoro necessita però di particolari forme di ragione:

   ragione seminale, che crea e inventa, semina altre possibilità;

   ragione mediatrice, che sa trovare la giusta via fra gli opposti: la sicurezza del poter fare e la paura di non riuscire ad essere;

   ragione vivificante e conviviale, che sa trattare adeguatamente le cose, che si avvicina con tatto, che ha uno sguardo misericordioso, umile e in contatto con la vita ordinaria e che sa dialogare con l’altro.



PENSARE LE QUESTIONI ESSENZIALI

Le domande essenziali da cercare sono quelle che ci tengono orientati e concentrati sulla ricerca della verità e del senso dell’esistere. Se è vero che in ciascuno c’è un desiderio di bene non sradicabile, allora per cercare le domande essenziali bisogna stare in ascolto, innanzitutto, di questo desiderio e lasciarsi guidare da esso.

La scelta di cercare ciò che rende il mio un tempo buono (scelta etica primaria) ha la forza di rendere irrefrenabile il desiderio per il bene e l’avversione per il male. L’anima però ha bisogno di qualcosa in più per orientarsi ad esistere: l’ordo amoris che indica l’ordine dei valori., la mappa da cui attingere direzione e misura del proprio esserci.




LA DISCIPLINA DELL’ANALISI

Una volta trovate le domande essenziali occorre cercare e trovarne le risposte possibili.

I criteri con cui cercare sono:

    la consapevolezza di non sapere, che comporta l’avere atteggiamento umile e capacità critica;

    la consapevolezza che trovare risposte di senso richiede tempo, accettando che il pensare le questioni fondamentali implica momenti di “non pensare”, di vuoto;

    la necessità di saper trovare la giusta misura nell’indagare tali risposte, sapendo che alcune rimangono necessariamente aperte.



Di fronte alla fatica di pensare, gli inganni, invece, sono:

    rinunciare a porsele;

    cercare poco, accontentandosi di poco senso dell’essere.




INDIVIDUARE LE ZONE VULNERABILI DELLA VITA DELLA MENTE

La vita della mente ha le sue zone vulnerabili e  i rischi più ricorrenti rispetto al non riuscire a stare nella realtà sono:

   tendenza a nutrire ossessioni;

   lasciarsi bloccare dalla paura senza evidenze reali;

   coltivare illusioni, facendo affidamento su enunciati falsi.




COMPRENDERE LA QUALITA’ DELLA VITA AFFETTIVA

Hildebrand (pag. 108) afferma che ogni atteggiamento e ogni atto cognitivo importante dipendono dal tipo di attribuzione di valore conferita all’oggetto cui si riferiscono, ossia dalla sua posizione nella scala di valori. Quindi: più un valore è importante per la persona, maggiore è la forza esercitata dall’atto affettivo ad esso connesso (Edith Stein pag. 109). Il modo in cui siamo dipende dalle valutazioni che formuliamo rispetto agli eventi: tenere d’occhio con il pensiero gli atti valutativi che elaboriamo, cercando di capire su quali teorie e principi poggiano e quali implicazioni hanno sulla qualità della nostra vita,  costituisce il nostro impegno cognitivo, un impegno che ha effetti positivi sull’essere  se è costante, perseverante e onesto.

Mettere a fuoco l’essenza del processo di autocomprensione affettiva significa specificare cosa prendere in esame e come analizzare tali cose: la tonalità affettiva, le  emozioni, i sentimenti, le passioni. Il metodo migliore è osservare e descrivere il fenomeno, così come si manifesta e, quindi, dire come mi percepisco nel corpo e nell’anima mentre vivo uno stato emotivo: dalle sensazioni fisiche all’atto sociale che ne consegue, fino al potere performativo sul proprio modo di essere (Harrè Gillet pag. 126).

Ne consegue che l’analisi della vita emozionale è una pratica spirituale complessa perché esige atti di indagine diversi.

La riflessione permette di capire la qualità di un atto cognitivo e di un vissuto emotivo, ma fornisce anche gli elementi per valutare cosa è buono  e cosa non lo è, cosa è giusto o bello e cosa non lo è. La riflessione, che cerca di anticipare le conseguenze di un orientamento del sentire, è essenziale per elaborare  una decisione ragionata prima di passare all’azione.

Zambrano  (pag. 148-149) suggerisce che l’autoeducazione è quel che permette di arrivare a ciò che  si definisce: “un cuore fermo”, che sa assistere il pensiero nel suo lavoro più faticoso: cercare orizzonti di senso quando ogni misura del vivere sembra mancare.

Stein (pag.150) sostiene che, quando la mente ha cura di sé, del suo pensare e del suo sentire , da essa allora scaturisce acqua viva. Ma, pur se essenziale, la cura di sé non può garantire una vita solo soddisfacente o che porti l’essere al suo apice. Perché questo stato di perfezione non appartiene alla condizione umana. La cura di sé non ci risparmia dalle notti oscure, ma può fornire gli strumenti necessari per trovare squarci di chiaro nei momenti difficili e salvaguardare così la salute dell’anima e il desiderio di realizzare pienamente il proprio essere.





COLTIVARE PRATICHE SPIRITUALI

Queste le possibili pratiche spirituali:

    Tecniche di concentrazione della mente: concentrare la mente sulle verità dell’esistenza.

    Tecniche di alleggerimento: togliere dalla mente ciò che ingombra ed è inessenziale per fare spazio a ciò che è irrinunciabile.

    Tecniche di sottrazione: trovare il tempo del pensare quieto senza la frenesia del fare.

   Tecniche di distensione: depotenziare la forza di quei pensieri che impediscono all’anima di vivere serenamente.

    Tecniche di rammemorazione: portare alla presenza della coscienza vissuti passati per comprenderli in modo da tenersi conciliati col passato.



Per potere attuare queste tecniche vanno coltivate alcune posture cognitive:

    DARE ATTENZIONE: si tratta di dare attenzione a sé , di sviluppare concentrazione interiore, che permetta di tenere la coscienza lucida. Essere capaci di attenzione significa essere concentrati sul presente. In antitesi è il fenomeno della DISPERSIONE MENTALE causata dalla mancanza di un ordine del pensare.

    SILENZIO INTERIORE: tacitare tutto quel che si sente non essenziale, per fare spazio solo all’irrinunciabile.

    CONCEDERSI TEMPO: la conoscenza di sé richiede tempo per la cura dell’anima. Ci sono due termini greci per dire CURA. Uno è merimna che indica la cura come pena, come preoccupazione per continuare a vivere; l’altro è epimeleia che indica la cura dell’anima come ricerca di senso.

    TOGLIERE VIA: togliere ciò che non è essenziale. Spesso, nei momenti di crisi, siamo portati a riempirci di cose o di attività per riempie il vuoto che sentiamo. Questo, in realtà, però ha solo l’effetto di appesantire l’anima, ostacolandone i movimenti più efficaci (povertà di spirito e purezza di cuore).

    CERCARE L’ESSENZIALE: cercare ciò che è irrinunciabile, per una piena realizzazione esistenziale, significa mettere a fuoco il nucleo che occupa il posto di massimo valore nella vita di una persona, ciò attorno al quale tutto gira.

    COLTIVARE L’ENERGIA VITALE:  l’energia vitale è un’energia positiva indispensabile; la forza vitale indica il grado di benessere interiore. Più ci si sente bene nel presente, più si riesce a rimanere concentrati sui contenuti essenziali e più si sviluppa una conoscenza adeguata di sé.

    SCRIVERE IL PENSARE: la scrittura permette di avere disponibile allo sguardo riflessivo le linee essenziali di orientamento. Le parole non hanno solo la funzione di dire cosa è già stato percepito, ma hanno il potere di vedere meglio il contorno delle cose.

    LE DIREZIONI DI SENSO DEL PROCESSO DI AUTOANALISI

*   Ricordare sempre a se stessi il limite del proprio sapere: conoscere è un cammino che non finisce mai.

*   Stare nella realtà’: non coltivare illusioni, non riempire i vuoti, non fuggire inadeguatezze o incapacità, perché altrimenti l’anima si ammala. E’ necessario invece saper stare nella realtà così com’è, amando la verità, anche quando si sente il vuoto.

*   Confrontarsi con più saperi: per fare esperienza di altre vie del pensare.

*   Coltivare e salvaguardare la libertà di pensare: non accettare alcuna verità data, ma garantirsi sempre la ricerca della verità; sottoporre ogni idea al confronto critico con altri.

*   Pensare insieme: la nostra vita è strettamente connessa a quella degli altri, pertanto la cura di sé non può prescindere dal costruire sempre buone relazioni con altri.

*   Cercare la verità dell’esperienza: avere il coraggio di dire le cose come stanno.



In conclusione, ho amato molto questo testo perchè nel dialogo vivo e vivificante fra i pensatori dell’età classica e gli studiosi del metodo fenomenologico del 900. Ritrovo il legame prezioso estremamente attuale fra cura di sé e conoscenza profonda del proprio sentire e del proprio esperire. Ritrovo la proficua connessione fra conoscenza di sé, cura ed esercizio delle virtù e infine l’indispensabile rapporto fra cura di sé e cura dell’anima, passando attraverso la relazione con gli altri. Siamo chiamati a prenderci cura ciascuno di sé e poi gli uni gli altri perché solo così realizziamo la nostra esistenza. Solo così rendiamo bella la nostra essenza, diventando ciò che dobbiamo essere.

Eleonora Alvigini

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