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martedì 29 settembre 2020

Possiamo "portare" Dio in terapia? Emiliano Tognetti


Sul blog Sevengifts.org sono comparsi due interessanti approfondimenti a cura del dot. Emiliano Tognetti, psicologo e giornalista. Si tratta di una riflessione che nasce all'interno dello studio del contributo della dot.sa Lorna Benjamin - con cui l'autore ha avuto anche un dialogo personale - applicato ad un tema non banale, anzi, essenziale per gli psicologi cattolici. Ringrazio l'autore per aver condiviso con noi il suo studio.


Possiamo “portare” Dio in terapia? (1° parte)


Alcune considerazioni sulla possibilità di poter affrontare in terapia il rapporto con Dio, in una prospettiva cristiana.

di Emiliano Tognetti

Che si possa affrontare anche la dimensione spirituale della persona in una terapia psicologica, ormai è un dato assodato; basta far riferimento, da un punto di vista scientifico agli studi del neuroscienziato Andrew Newberg[1] che, nel 1992, provò a capire gli effetti di varie forme di preghiera e meditazione sull’essere umano.

Anche altri illustri scienziati come Herbert Benson, cardiologo della Harvard Medical School “che ha studiato a fondo il ruolo che il sistema nervoso autonomo gioca nel processo della malattia umana” (Aleteia, 08/09/2020[2]).

Quello che vorrei presentare è una cornice teorica, una riflessione sulla possibilità di parlare del rapporto di un paziente con Dio, se questo per lui è un tema significativo ed importante che porta in terapia, trattando in un certo senso Dio, “come se fosse una persona” questo che forse ad alcuni può sembrare “strano o disdicevole” a me è apparso invece coerente, se inserito in una prospettiva cristiana. Questa è una premessa necessaria da considerare in tutto il ragionamento di base che ho fatto.

Come punto di partenza teorico, ho ritenuto necessario un confronto fra la Sacra Scrittura, Magistero e uno dei modelli descrittivi più versatili nel panorama contemporaneo: il SASB (Structural Analysis of Social Behavior)[3] di Lorna Smith Benjamin (1974), introdotto in Italia da Pio Scilligo alla Pontificia Università Salesiana.

Come lei afferma a pag. 63 della versione italiana del suo libro “Terapia Ricostruttiva Interpersonale” (ed. Raffaello Cortina, 2018), “L’Analisi strutturale del comportamento sociale (SASB) è un modello ben convalidato che permette di descrivere le interazioni interpersonali ed intrapsichiche con un linguaggio utile sia per la prassi clinica sia per la ricerca”.

Sono partito dal presupposto che il suo è un modello DESCRITTIVO e NON INTERPRETATIVO della dinamica interpersonale e quindi vuol capire la dinamica e non fornire una chiave di lettura preventiva della realtà, come può essere nel caso l’approccio dinamico o costruttivista. “Descrittivo”, non vuol dire “neutro”, ma si riferisce ad un modello che, per quanto possibile, cerca di costruire con il paziente un significato all’interno della relazione terapeutica, partendo dal sistema paziente, adattandosi alla relazione e non adattando la relazione a degli schemi precostituiti tipici di alcuni approcci psicoterapeutici.

In sostanza, si cerca di evitare per quanto possibile di correre quel rischio di cui parla il filosofo Karl Popper (1984) a proposito del fatto che alcune teorie come quella psicanalitica avevano, riferendosi al “loro apparente potere esplicativo. Esse sembravano in grado di spiegare praticamente tutto ciò che accadeva nei campi cui si riferivano.” [4]

Il modello SASB prevede tre superfici Io e Altro e il Sé, con i quadranti operativamente divisi fra “versante positivo”, quello a destra verso la punta “amore” ed il “versante negativo” verso la punta “odio”.

Considerando il fatto che “l’Io” rappresenta sostanzialmente il paziente, quindi la persona che noi abbiamo in terapia, la superficie che è interessante analizzare è la superficie “Altro”, in quanto è l’altro con cui mi relaziono.

Nell’antropologia Cristiana, Dio è una persona. Questo è confermato in maniera esauriente dal Catechismo della Chiesa Cattolica, in particolare dai numeri 470-476[5]. Dio si è incarnato in Gesù, in un tempo ed in una storia ed ha interagito con le persone del suo tempo storico. Poi, grazie alla narrazione dei Vangeli, ai sacramenti ed alla tradizione della Chiesa, Lui in una prospettiva di fede è rimasto nel “qui ed ora”, come afferma in Matteo “io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Questa concezione di Gesù come persona con cui possiamo avere un rapporto quotidiano, è ripresa anche dall’Enciclica di Papa Francesco “Evangelii Gaudium” al punto 7[6].

Anche questo è un punto fondamentale, perché nella premessa del modello l’Altro deve essere reale, presente e reale ed in una prospettiva cristiana, questo è vero per la persona di Gesù Cristo, che da Risorto è “eterno”, cioè sempre presente e reale in ogni tempo e può essere considerato in tal senso, un interlocutore, con cui possiamo agire e di cui possiamo farci o ricevere un’idea.

Proseguendo in questo ragionamento teorico, come succede in ogni relazione interpersonale, ognuno di noi rispetto all’altro si crea un’idea, buona o cattiva e con questa agiamo verso il nostro interlocutore che potrà confermarla o smentirla.

Analogamente, noi riceviamo in famiglia, in parrocchia o nelle varie realtà ecclesiali, “un’idea di Dio” che potrà essere buona o cattiva e con la quale noi ci relazioniamo con Lui in una vita di fede.

[1] Si rimanda alla letteratura del dottor Andrew Newberg, disponibile all’U.R.L.
andrewnewberg.squarespace.com

[2] https://it.aleteia.org/2020/09/08/cosa-accade-al-cervello-quando-preghiamo/?utm_campaign=NL_it&utm_source=daily_newsletter&utm_medium=mail&utm_content=NL_it.

3 Si rimanda alla letteratura della dottoressa Lorna Smith Benjamin, disponibile all’U.R.L. lornasmithbenjamin.com

[4] POPPER K.R., Postscritto alla Logica della scoperta scientifica, Saggiatore, Milano, 1984, Vol. I: Il realismo e lo scopo della scienza.

5 È possibile consultarli all’U.R.L. http://www.vatican.va/archive/catechism_it/p122a3p1_it.htm

[6] http://www.vatican.va/content/francesco/it/apost_exhortations/documents/papa-francesco_esortazione-ap_20131124_evangelii-gaudium.html#I.%E2%80%82Gioia_che_si_rinnova_e_si_comunica

Possiamo “portare” Dio in terapia? (2° parte)


Alcune considerazioni sulla possibilità di poter affrontare in terapia il rapporto con Dio, in una prospettiva cristiana.

di Emiliano Tognetti

Volendo leggere i comportamenti della superficie ALTRO sul Vangelo, possiamo agganciare questo discorso, rispetto a due visioni che Gesù propone di Dio: per la parte “a destra”, troviamo la definizione della bontà di Dio in Mc 10,18 (Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo.)

La visione “negativa” di Dio, che Gesù rimprovera agli uomini del suo tempo è quella di un dio “stereotipato”, ridotto alla tradizione e alla semplice legge, che snatura la realtà sostanziale di Dio “Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!” tutto il brano è Luca 11:37-54, ma sostanzialmente Gesù rimprovera loro di insegnare una legge che non è conforme alla volontà di Dio.

Questi sono solo due accenni, ma il Vangelo è pieno di riferimenti al “Dio di Gesù” che è buono ed è amore, ed il “dio della legge” che è stato snaturato del suo reale contenuto e ridotto solo all’esaudimento del precetto, senza che questi sia in realtà il frutto di una scelta di vita.

Questo è fondamentale, perché è possibile in questo modo è possibile attribuire per “analogia” anche al “Dio di Gesù” la parte “destra del quadrante Altro” (punta amore) e al “dio della legge” la parte sinistra (punta odio).

Sulla superficie “Sé” l’introietto, è possibile identificare i comportamenti che una persona ha in risposta ad un comportamento messo in atto verso “l’Altro-Dio”.

Questo è attribuibile secondo me, anche nei processi di copia e nei DDA, ai doni d’amore, ed in una terapia con un paziente credente, aiutarlo a passare da comportamenti disadattivi dovuti a dei DDA “fraintesi” su un Dio stereotipato a favore di una visione e di una vita di fede, corrispondente a quella che Gesù presenta nel Vangelo e di cui Lui stesso è il modello.

In questo modo, anche la spiritualità ritengo che possa essere in qualche modo una dimensione che entra nel rapporto terapeutico, fra un paziente-credente ed un terapeuta che lo può accogliere o perché condivide la sua visione cristiana della vita, o perché almeno ha un’idea di fondo con cui potersi relazionare.

Questa prima premessa teorica vuol essere un appiglio teorico, ma documentato, per fornire degli spunti di riflessione operativa.

Ritengo che il solo fatto di aiutare una persona a mettere ordine nella sua idea del rapporto con Dio, abbia un primo effetto terapeutico e possa aiutare il rapporto terapeuta-paziente ad arrivare ad una migliore chiarezza. Possiamo fare questo utilizzando uno strumento grafico che aiuta a focalizzare alcuni punti chiave delle dinamiche interpersonali a cui una persona può arrivare anche con il proprio intuito, ma che se sono esplicitati e messi “in chiaro”, possono diventare sicuramente uno spazio di riflessione e di maggiore consapevolezza a favore del paziente ed a trovare un beneficio maggiore nel percorso di cura.

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