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"Una psicologia medica cattolica deve essere una vera sintesi delle verità contenute nei sistemi già esistenti e inaccettabili visto il loro spirito di materialismo puro e le verità della filosofia e la teologia cattolica. Questo lavoro di sintesi non può essere compiuto che da persone istruite e nella medicina o psicologia e nella filosofia, e che possiedono una esperienza pratica e personale assai grande: cioè questo lavoro deve essere fatto da medici, specialisti di psichiatria, dunque da scienziati cattolici laici. (Rudolf Allers, 1936, lettera a P. Agostino Gemelli).

lunedì 19 settembre 2016

LA PSICOLOGIA IN RIPRESA - PAUL VITZ

Continuiamo lo studio del modello di psicologia cattolica proposto dall'Institute for the Psychological Science con un articolo del suo autore più celebre: Paul Vitz. Professore emerito di psicologia alla New York University, Vitz è particolarmente noto per la sua critica alla psicologia umanista pubblicata alla fine degli anni settanta ed edita in italiano col titolo di "Psicologia e culto di sé", Edizioni Dehoniane di Bologna. Si tratta di un testo particolarmente importante poiché analizza le psicologie di Abraham Maslow, Carl Rogers, Erich Fromm e Rollo May da una prospettiva filosofica e cristiana, evidenziando come la corrente umanistica crei, nei fatti, una nuova religione: il culto del sé. Alla fine degli anni ottanta, da cristiano, scrive un libro sull'inconscio in Sigmund Freud. Nel duemila è autore di un saggio contro l'ateismo, Faith of the fatherless: the psychology of atheism. Negli ultimi anni ha contribuito attivamente col gruppo dell'IPS, avvicinandosi alla psicologia positiva e la riscoperta delle virtù di Martin Seligman e colleghi. L'aspetto più significativo dei suoi contributi è il richiamo costante al cristianesimo. "La psicologia in ripresa" (edito nel 2005 su First Things) è uno degli articoli/interviste più significativi e riassuntivi del suo pensiero.

Paul Vitz

La psicologia in ripresa

Paul Vitz

Marzo 2005, First Things

La psicologia moderna, come la Gallia di Cesare, è stata tradizionalmente divisa in tre parti: la psicologia sperimentale, la psicologia dei test e delle misurazioni, e la psicologia terapeutica. Tutte e tre le branche sono entrate in attività dalla fine del diciannovesimo secolo, ed in tutte e tre si possono osservare, da allora, delle trasformazioni impressionanti che credo che promettano bene per il futuro. Come alcuni lettori potrebbero sapere, io sono stato un critico esplicito e piuttosto duro di una gran parte della psicologia popolare nella mie prime pubblicazioni degli anni settanta ed ottanta. Resto di quelle idee. Ma molto è cambiato, ed è cambiato (con mia sorpresa) per il meglio. Particolarmente nella disciplina terapeutica, e specificatamente nella scorsa generazione, si è sviluppata una comprensione nuova e salutare di cosa sia e di cosa non sia la psicologia. È a questi avanzamenti nella psicoterapia che porrò attenzione qui di seguito. Ma inizierò a tratteggiare i cambiamenti nelle altre due branche della psicologia.

Psicologia sperimentale. Questa branca della psicologia inizia nella metà del diciannovesimo secolo e possiede un’enfasi fortemente fisica, studiando la sensazione, la percezione ed il comportamento; essa in origine incluse la sperimentazione animale ed ingrandì il suo focus sulle funzioni cerebrali. Alla fine degli anni sessanta l’espressione “psicologia sperimentale” cadde in disuso e il campo si divise in due differenti branche: la psicologia cognitiva e la psicologia fisiologica. Negli ultimi trent’anni circa, questi due campi si sono a loro volta trasformati, con la psicologia fisiologica che è ritornata decisamente alle sue origini biologiche ed è diventata quella che ora si chiama neuroscienza. Nel mentre, la psicologia cognitiva (con il suo focus sulla memoria, la schematizzazione, l’apprendimento, il problem-solving, la sensazione, la percezione e simili) ha subito una metamorfosi simile, dando origine ai campi delle neuroscienze cognitive (che si focalizzano sull’attività cerebrale) e della scienza cognitiva (che si focalizza sull’intelligenza artificiale e la robotica).

È importante sottolineare che la progenie attuale di quella che originalmente era chiamata la psicologia sperimentale è stata accettata tra i membri della comunità delle “scienze pure”. Le nuove sottodiscipline delle neuroscienze e delle scienze cognitive non mantengono nei loro nomi alcun riferimento alla “psicologia”, e i loro professionisti mostrano un interesse sempre minore per quello che è generalmente inteso come psicologico. Mi pare che non sia un movimento esterno alle origini della psicologia sperimentale, ma piuttosto uno sviluppo autonomo sorto dalle radici originarie della disciplina, piantate nella scienza biologica e fisica.

Test e misurazioni. Questa branca è forse la meno famosa delle tre, ma possiede un pedigree di valore ed ha provato la sua utilità. I test e le misurazioni iniziarono all’inizio degli anni venti. Si focalizzarono dapprincipio sulla misurazione dell’intelligenza ma presto si estesero ad altre aree di valutazione, come le attitudini occupazionali. Le tecniche sviluppate in questa branca ci aiutano ad identificare differenti patologie mentali: per esempio, l’MMPI-2 misura la depressione, l’ansia, la schizofrenia, e le caratteristiche di personalità; ed il Manuale Diagnostico e Statistico permette agli psicologi di assegnare ad ogni cliente una categoria diagnostica del disturbo mentale. (Il DSM, al di là dei molti limiti e di altre difficoltà, si è dimostrato estremamente utile come standard di riferimento). Inoltre gli sviluppi in questo campo sono utili misurazioni del benessere generale legati a variabili sociali come lo status coniugale, la struttura familiare, l’utilizzo di droghe, la classe sociale, e così via.

Il tipo di scienza sociale che viene fatto nel campo dei test e della misurazione è estremamente informativa, ed io mi aspetto che questa disciplina (al di là dell’imperfezione di alcuni dei suoi strumenti) continui ad apportare contributi alla psicologia nel suo complesso. Inoltre, come abbiamo visto per la psicologia sperimentale, la logica interna dello sviluppo di questo campo può tendere ad allontanarla dalla branca della psicologia, e nel futuro i suoi professionisti potrebbero diventare parte di un programma delle scienze sociali in generale, o è possibile che diventino parte del campo della statistica.

 La psicoterapia. Questa terza branca della psicologia, che si focalizza sulla salute mentale e la personalità umana, è ciò che si intende col termine “psicologia” nel discorso comune. Molte persone potrebbero associarla, abbastanza correttamente, a Sigmund Freud. Nel 1890 Freud fondò quello che conosciamo come il mondo psicoterapeutico, in cui il professionista (qualunque sia la sua teoria di riferimento) si focalizza sul prender parte, ed esaminare, la sessione terapeutica. Freud fu seguito da figure come Alfred Adler, con il suo interesse sui complessi d’inferiorità, l’io, e l’interazione sociale, e Carl Jung, con la sua attenzione agli archetipi inconsci e l’auto-realizzazione. Anche i neo-freudiani degli anni ‘40 e ‘50 enfatizzarono l’io, ma introdussero molti altri elementi: di particolare importanza per loro erano le relazioni precoci con la figura della madre.

Oggi, la psicoterapia è una compagine ampia e complessa, con molti approcci diversi e forme di terapia, e molti psicoterapeuti contemporanei sono formati in un modo davvero eclettico. È doveroso notare, però, che una cosa non più inclusa in questo curriculum eclettico è la psicoterapia freudiana, che è quasi interamente scomparsa dai programmi d’apprendimento americani. Ci sono molte ragioni per il declino della teoria freudiana nella professione, ma quella su cui voglio soffermarmi qui è l’aumentata comprensione della professione e delle sue capacità. Freud sosteneva che il suo lavoro fosse scientifico, che la psicoterapia fosse una scienza pura e che, quando il tempo sarebbe trascorso, nuove ricerche l’avrebbero validata. Altri psicologi della prima ora come Jung ed Adler credevano che le loro comprensioni si sarebbero sviluppate in una vera scienza naturale. Oggi è chiaro che questo concetto scientifico della psicoterapia è insostenibile.

Come abbiamo visto, le altre due branche della psicologia moderna hanno correttamente compreso le loro ispirazioni di base ed hanno proseguito sino a raggiungere uno status genuinamente scientifico. La psicoterapia nella generazione passata ha compreso in modo simile che la sua ispirazione di base è umanistica, e che i fondatori fecero un grave errore categoriale nel dire che dovesse essere una scienza. Il diciannovesimo secolo è stato l’apogeo della fiducia morale ed intellettuale nella scienza, ed è facile vedere perché i primi psicologi abbiano prematuramente applicato i concetti della scienza naturale ai fenomeni psicologici. L’utilizzo da parte di Freud del modello dell’energia della mente umana è un chiaro esempio di uso della fisica del suo secolo. Lo stesso è vero per le nozioni idrauliche e di equilibrio tratte da altre scienze. All’inizio degli anni ‘60 e ‘70, il modello della mente del computer fu utilizzato come una metafora generale che si è provato essere abbastanza limitante. Più recentemente, le idee provenienti dalla biologia evoluzionista sono state utilizzate al fine di spiegare la psicologia umana. In tutti questi esempi, i modelli della mente hanno avuto solo un’utilità modesta, in quanto metafore generiche.

In pochi casi, di sicuro, gli psicologi presero i loro modelli dalle scienze umane. Il Complesso di Edipo di Freud è stato un primo esempio dell’utilizzo di un modo letterario e narrativo per spiegare la personalità. Gli archetipi di Carl Jung furono tratti dalle scienze umane e spesso manifestarono un carattere narrativo o mitologico. La cosa cruciale da notare è che questi utilizzi del mito, della letteratura e della religione erano tanto più presi a prestito quanto i richiami ai concetti derivati dalla scienza. La psicologia non si è mai evoluta con suoi concetti di base, generati in proprio. La franca ammissione della sua incapacità a farlo è certamente un passo importante sulla strada del recupero di un’adeguata comprensione delle capacità e dei limiti della psicologia.

Gli psicologi nel mondo della terapia oggi hanno riconosciuto che la loro comprensione della persona umana non è divenuta più scientifica. Piuttosto, essi non credono più che il definire la loro disciplina una scienza sia possibile nella pratica o desiderabile nella teoria. Invece, gli psicologi hanno compreso che la psicoterapia comprende meglio se stessa e serve al meglio i suoi clienti collocandosi nelle scienze umane e facendo uso di concetti ed approcci tradizionalmente scoperti lì. Per esempio, teorici recenti come Roy Shafer, Donald Spence, Jerome Bruner, e Dan McAdams hanno evidenziato una comprensione narrativa della personalità, come la narrazione degli aspetti della conoscenza in generale e della sessione terapeutica in particolare. Altri hanno posto la psicologia nell’ampio campo dell’ermeneutica, in cui essa diventa parte delle cornici interpretative maggiormente vicine alla teologia, alla filosofia ed all’etica rispetto alla scienza tradizionale. Il risultato è che la psicoterapia ha iniziato a ritornare alle sue origini dell’era pre-moderna, quando la psicologia era ritenuta essere una sottodisciplina della filosofia.

C’è ancora un certo grado di genuina osservazione scientifica ed una modesta proporzione di ricerca sperimentale presente nel campo della psicoterapia di oggi, per esempio, la ricerca che mostra come le esperienze precoci contribuiscano alle patologie mentali. Nel futuro saremo fortunati nel vedere un numero maggiore di contributi provenienti dalla ricerca sulle esperienze che edificano la forza del carattere e la virtù (su cui dirà di più in seguito). Ma una volta che la psicologia abbandona la sua modesta base scientifica ed oggettiva, inizia ad utilizzare concetti e cornici interpretative che sono intrinsecamente non scientifiche e, quindi, filosofiche in natura. Il risultato è che la psicologia sta diventando una filosofia di vita applicata.

Nella psicoterapia contemporanea l’evidenza di questa nuova comprensione è fornita da un nuovo sviluppo noto come “psicologia positiva”. È chiaro che vari psicologi hanno anticipato questo sviluppo recente, in particolare Alfred Adler ed Abraham Maslow (con la sua psicologia della “terza via” e le sue enfasi positive). Adler e Maslow, però, furono soprattutto teorici. È stato il ruolo di Martin Seligman, un ex presidente dell’American Psychological Association ed un professore di psicologia all’Università della Pennsylvania, ad agire come catalizzatore per la psicologia positiva e per promuovere il suo sviluppo come un campo di ricerca della psicologia accademica.

Al fine di comprendere la psicologia positiva, dobbiamo prima fornire una breve descrizione della sua opposizione alla psicologia “negativa”. Per Seligman, ed ora molti altri, la psicologia negativa si riferisce alla psicologia degli ultimi cento anni, iniziata da Freud. Tale psicologia era focalizzata sui traumi e sulle patologie. È abbastanza naturale, secondo Seligman, che la psicologia si fosse focalizzata primariamente sulla malattia. Seligman stesso, agli inizi della sua carriera, portò un contributo a tale psicologia negativa: fu celebre per aver identificato l’impotenza appresa negli animali e negli umani come una fonte importante per la depressione. Ma fu chiaro, a lui ed ad altri, che dopo cento anni di tentativi per comprendere i problemi umani fosse tempo di studiare le forze o le caratteristiche positive. In aggiunta, per molti psicologi è chiaro che dalla sessione terapeutica relativamente standard non c’è molto di più da apprendere.

L’enfasi pressoché esclusiva sulla psicologia negativa ha avuto anche delle conseguenze indesiderabili. Ad esempio, ha contribuito alla diffusa mentalità vittimistica caratteristica dell’attuale società americana. La psicoterapia è stata una delle discipline moderne più influenti: direttamente o indirettamente, ha cambiato il modo in cui molti di noi pensano se stessi. La prospettiva generalmente fornita dalla psicologia negativa è che siamo tutti vittime dei traumi passati, dell’abuso e della negligenza causata da altre persone. Questa mentalità vittimistica è stata ampiamente notata e criticata, abbastanza legittimamente, per essere diventata estrema. Molti di noi possono vedersi come vittime, ovvero, come affetti da peccato, ma pochi di noi si riconoscono come autori di vittime: come peccatori. In molti modi questa mentalità da vittima è una conseguenza della struttura della psicoterapia tradizionale, che può solo identificare le tue ferite e problemi e le loro possibili fonti. I terapeuti riportano che è raro per chiunque presentare al terapeuta un problema che lui ha causato ad un altro.

Un’altra conseguenza di disturbo di questa mentalità è la credenza generalizzata che non siamo responsabili delle nostre cattive azioni, dal momento che esse sono causate da quello che gli altri ci hanno fatto. Ovviamente, in molti casi, anche nei casi criminali, ci sono circostanze attenuanti, ma io credo che gli americani più ragionevoli credano che siamo andati troppo oltre nel giustificare le persone con delle scuse.

Non è che Seligman o molti altri psicologi credano che la psicologia negativa sia sbagliata o inutile. Il problema è che è abbastanza unilaterale. Quello che è necessario per bilanciare la comprensione della persona è un riconoscimento delle caratteristiche umane positive che possono guarire molte delle nostre patologie ed aiutare a prevenire i problemi psicologici nella vita futura di ognuno. La psicologia positiva quindi enfatizza i tratti che promuovono la felicità e il benessere, proprio come i caratteri di forza quali l’ottimismo, la tenerezza, la resilienza, la persistenza e la gratitudine. Queste caratteristiche positive, qualche volta chiamate dagli psicologi “forze del carattere” o anche “forze dell’io”, saranno riconosciute dai membri di tutte le maggiori religioni e dalla maggior parte dei filosofi come dei nomi per quelle che sono state solitamente chiamate “le virtù”.

Nel loro libro Character Strenghts and Virtues: A Handbook and Classification, Christopher Peterson e Martin Seligman propongono che la psicologia “reclami lo studio del carattere e della virtù come argomenti legittimi dell’indagine psicologica e del discorso informativo della società. Fornendo modi per discutere delle forze del carattere e per misurarle lungo l’arco di vita, questa classificazione [del carattere e della virtù] inizierà a rendere possibile una scienza delle forze umane che vada al di là della filosofia e della retorica politica. Crediamo che il carattere buono possa essere coltivato, ma per farlo abbiamo bisogno di strumenti concettuali ed empirici per abilitare e valutare gli interventi”.

Peterson e Seligman distinguono tre livelli concettuali: le virtù, al livello più alto; le forze del carattere; e i temi situazionali. Nella loro visione, le virtù “sono le caratteristiche centrali valutate dai filosofi morali e dai pensatori religiosi: saggezza, coraggio, umanità, giustizia, temperanza, e trascendenza. Queste sei ampie categorie di virtù emergono consistentemente dalla disamina storica... Noi sosteniamo che queste siano universali, forse basate nella biologia attraverso un processo evoluzionistico che le ha selezionate per questi aspetti di eccellenza come mezzi per svolgere gli importanti compiti necessari per la sopravvivenza della specie. Noi sosteniamo che tutte queste virtù debbano essere presenti nei valori d’eccellenza affinché un individuo sia considerato un buon carattere”.

Le forze del carattere sono le componenti di base che andranno a costituire le virtù. Per esempio, la virtù dell’umanità include le forze del carattere dell’amore (ad. es., le relazioni strette con gli altri), la benevolenza (ad es., la generosità e l’accudimento), e l’intelligenza sociale (ad es., l’intelligenza emotiva e la sensitività). Gli autori forniscono un insieme di dieci criteri abbastanza dettagliati per quello che costituisce una forza del carattere. I temi situazionali sono abitudini specifiche e tipi di comportamento che manifestano le forze del carattere in date situazioni. Così, per esempio, l’empatia sul posto di lavoro si esprime nei modi di anticipare e d’incontrare i bisogni degli altri a livello del comportamento.

Peterson e Seligman elencano sei virtù centrali, e non è difficile fornire i nomi della tradizione Cristiana o Greco-Romana per esse. La loro spiegazione della saggezza e della conoscenza è molto vicina alla virtù tradizionale della prudenza; l’umanità è vicina alla carità; il coraggio, la giustizia e la temperanza non hanno cambiato i nomi; e la loro sesta virtù, la trascendenza, non è lontana dalla speranza e dalla fede.

Gli autori passano in rassegna le maggiori tradizioni religiose e filosofiche sia occidentali che orientali, difendendo l’universalità della loro definizione delle sei “virtù superiori”. In questo percorso, essi fanno riferimento esplicitamente, tra gli altri, ad Aristotele e all’Aquinate.

Nella disamina delle caratteristiche umane positive che necessitano di essere coltivate per rafforzare una persona e per aiutarla a guarire le sofferenze passate, la psicologia, inconsapevolmente, ha effettuato un cambiamento concettuale importante. Il modello precedente di una psicologia negativa era basato interamente su di una visione del mondo scientifica e tradizionale secondo cui il passato causa deterministicamente il presente. Nello spostarsi verso una psicologia positiva, la disciplina si è mossa non solo dalla scienza alla filosofia, ma anche dal passato e dai suoi effetti al futuro, da un determinismo meccanicistico alla teleologia.

Ci sono molte ragioni per credere che la psicologia positiva non sia una semplice proposta di breve durata. Una semplice ragione è che essa offre un modo innovativo di pensare la psicologia e molti nuovi ed importanti argomenti che aspettano di essere esplorati sistematicamente, e che si traducono in opportunità di carriera per un grande numero di giovani psicologi. Stiamo assistendo alla fondazione di nuovi istituti e facoltà, presso le maggiori università americane, dedicati alla psicologia positiva, e lo sviluppo di un gran numero di studenti e ricercatori strettamente connessi. Una ragione ancor più sostanziale per la longevità di questa nuova psicologia positiva è che essa connette la psicologia ad un grande e potente ambito di pensiero e di discorso circa la natura umana che è rimasto precedentemente intoccato dalla moderna teoria e sperimentazione. Scoperte significative avranno un effetto immediato sulla pedagogia, l’educazione, ed è abbastanza possibile anche sulla stessa psicoterapia.

Per il futuro della psicologia, un aspetto importante della trasformazione della disciplina dalla scorsa generazione è stato il cambiamento della visione della religione da parte della psicologia. Una volta considerata un fenomeno negativo o immaturo o patologico, la religione non è più disprezzata, e molti psicologi persino la vedono sotto una luce positiva. Questo è successo in parte perché la ricerca ha dimostrato che le persone seriamente religiose tendono ad essere più felici, più in salute, e più longeve. In aggiunta, la popolarità della spiritualità “new age” nella vita della classe dirigente ha perlomeno reso i valori spirituali come qualcosa da prendere seriamente. Non è più una prassi che i membri della nostra élite siano dei dispregiatori della spiritualità o deridano l’impulso religioso. (Certamente, le attitudini negative verso la religione tradizionale ed organizzata rimangono tali).

La disciplina della psicologia, non appena è diventata consapevole delle virtù e del bisogno di riscoprirle, ha iniziato a sviluppare la virtù fondamentale della propria umiltà. La psicologia è diventata molto più sommessa negli ultimi trent’anni. E questo è avvenuto per diverse ragioni. Primo, la psichiatria e le scienze biologiche hanno apportato nuovi contributi alla terapia, così che oggi le persone che soffrono di depressione, di ossessioni, e di molti altri problemi psicologici prendono le medicine, che risultano essere più efficaci, immediate ed economiche delle terapie a lungo termine (al di là delle complicazioni e degli effetti collaterali che i farmaci possono causare). Secondo, molti dei leader entusiasti della psicologia e della psicoterapia negli anni ‘60 e ‘70 hanno imparato presto quello che la maggior parte degli psicologi ha oggi riconosciuto: che sebbene la psicoterapia sia utile, raramente fornisce una trasformazione di vita o la felicità. Come risultato, molti stessi psicologi si sono spostati verso la spiritualità e l’esperienza religiosa in quanto forma di cura di maggior successo (Abraham Maslow fu uno dei primi esempi).

La pratica della salute mentale inoltre ha forzato la psicologia a confrontarsi e a rivedere la propria concezione. La gestione della salute mentale ha reso difficile per i pazienti frequentare una psicoterapia a lungo termine, poiché le compagnie assicurative avrebbero pagato solo le terapie a breve termine (un massimo di circa dodici sessioni). La terapia a breve termine inoltre tende ad essere un tipo di terapia pragmatica di tipo cognitivo/comportamentale, senza le grandiose ambizioni teoriche dei primi sistemi psicologici. Inoltre, come misura di risparmio sui costi, la Health Maintenance Organization ha iniziato a fornire la terapia tramite persone solamente laureate, con il risultato che solo pochi clienti possono permettersi di pagare il costo di un terapeuta con un dottorato.

Un altro sviluppo importante, e in qualche modo un’altra esperienza di umiltà per la psicologia, è stato il successo e la crescita della stessa psicologia. Nei primi tempi della psicoterapia, i pazienti provenivano soprattutto dalle classi sociali più alte e dalle élite sociali, specialmente dalle più secolarizzate. Per esempio, Sigmund Freud non ha mai pubblicato la storia di un paziente che fosse davvero religioso; non è chiaro se avesse mai avuto un paziente simile. E neppure, apparentemente, egli ebbe dei collaboratori pienamente religiosi. Col passare del tempo, però, la crescita dei programmi di psicologia delle università e la licenza di un gran numero di psicoterapeuti formati, la clientela per la psicoterapia si è espansa naturalmente per includere un pubblico maggiormente ampio. Negli Stati Uniti, essendo la gran maggior parte delle persone religiose, è anche possibile che il coinvolgimento con la religione sia aumentato negli anni recenti. Al fine di trattare tali persone, gli psicoterapeuti hanno dovuto dedicarsi agli argomenti religiosi e prenderli seriamente così da trattare i propri clienti con rispetto. Ho anche notato che molti psicologi clinici oggi sono essi stessi religiosi, ed è degno di nota che oggi il clero sia uno dei più importanti network di riferimento per i clienti.

Infine, una ragione principalmente teorica per il ridimensionamento dell’hubris iniziale della psicologia è stato il declino dello stesso ideale secolare. Oggi siamo testimoni di un inizio di sviluppo della Cristianità negli Stati Uniti ed in gran parte del mondo. All’interno del Giudaismo, l’Ortodossia è cresciuta vigorosamente sia in Israele che negli Stati Uniti. In tutto il mondo, il secolarismo sta appassendo.

Paradossalmente, la teoria postmoderna ha contribuito a questa evoluzione. Le contraddizioni interne alla modernità, rese evidenti inizialmente negli scritti di Nietzsche, vengono ora ampiamente riconosciute. Al di là della validità delle affermazioni postmoderne, questo cambiamento nel clima intellettuale è stato un altro fattore della resa graduale degli psicologi all’ideale scientifico come obiettivo verso cui orientare l’impegno.

Il postmodernismo ha anche riportato la questione del costrutto del “sé”, centrale nella psicologia moderna, con il risultato che i principali teorici della persona o del sé hanno perso molto del loro fascino. (Forse le due teorie che si sono maggiormente eclissate con i recenti sviluppi sono il Freudismo e il comportamentismo). La visione postmoderna consiste nel fatto che ogni paziente merita la propria teoria. D’altra parte, tale visione è discutibile, ma è almeno chiaro che se il sé è stato decostruito fino al punto in cui, come alcuni teorici postmoderni affermano, non c’è alcun sé (almeno non un sé coerente o integrato o autentico), allora le teorie psicologiche dell’auto-attualizzazione non troveranno seguito né seguaci.

In breve, quando guardiamo le recenti trasformazioni in tutte e tre le branche della disciplina, è chiaro che la compagine psicologica sta diventando più vecchia e più saggia, più spirituale e più pragmatica di quando nei suoi primi periodi fu troppo sicura di sé.

Concludo con una nota prudentemente ottimistica. All’orizzonte vedo il potenziale per una psicologia che chiamo “transmoderna”. Con questo termine intendo una nuova mentalità che trascenda e trasformi la modernità. Così, essa sopravanzerà la psicologia moderna e postmoderna. Porterà delle comprensioni trascendentali che potranno essere idealistiche e filosofiche (ad. es. le virtù), così come spirituali e religiose. Trasformerà la modernità apportando una comprensione intelligente di molta saggezza premoderna. Recentemente la possibilità di contributi religiosi ad una psicologia transmoderna sono diventati evidenti. L’International Forgiveness Institute è stato istituito da Robert D. Enright all’Università del Wisconsin, ed un istituto devoto allo studio dell’amore è stato fondato da Stephen G. Post al Case Western Reserve. Entrambi gli istituti hanno ricevuto fondi consistenti. È anche rilevante il fatto che l’American Psychological Association abbia promosso attivamente e quindi pubblicato nel 2000 un libro sul perdono nella psicoterapia, ad opera di Enright e Richard Fitzgibbons. Lo psicologo Everett Worthington ha inoltre offerto un ampio contributo alla comprensione del perdono, ed il suo lavoro ha ricevuto molta attenzione sia dal pubblico generalista che dai media.

Inoltre, in anni recenti la teologia Cristiana del personalismo si è sviluppata in un nuovo quadro concettuale di comprensione della persona, includendo gli obiettivi della psicoterapia. Tale è il progetto particolare di un altro nuovo istituto: l’Institute for the Psychological Sciences, nella Virginia del nord. Infine, un’altra evidenza dell’emersione di una nuova psicologia è il lavoro di Vincent Jeffries, che riprende i contributi lungamente oscurati del sociologo di Harvard Pitrim Sorokin, il quale più di cinquant’anni fa sviluppò il concetto di “integralismo”: un modello di scienza sociale che include i fattori trascendenti e religiosi.

Questa nuova psicologia, se si sviluppasse, sarebbe una disciplina più piccola e più modesta. Ma sarebbe anche molto più utile. In un mondo transmoderno, la psicologia potrebbe essere l’ancella della filosofia e della teologia, come era destinata ad essere sin dall’inizio.

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