Il culto della psicoanalisi ha finito per soppiantare secoli
di riflessione cattolica sulla psiche. Lo studioso Echavarría riscopre i
grandi maestri dell'anima.
Se c'è un campo del sapere che considera il cattolicesimo come una
pianta ostile questi è la psicologia. Non a caso gran parte delle
correnti psicologiche contemporanee sono contrarie a una visione
cristiana dell'uomo, come già denunciava Giovanni Paolo II anni fa.Un
pregiudizio che ha contribuito non solo alla crisi dell'uomo moderno, ma
ha finito per abbagliare gli stessi studiosi credenti: «I cattolici
impegnati nel mondo della psicologia hanno preferito anteporre la fede
per Freud o per qualche altro capo scuola al Magistero della Chiesa».
Così scrive lo psicologo Stefano Parenti nella prefazione a un libro
controcorrente Da Aristotele a Freud. Saggio di storia della psicologia (D'Ettoris
Editori, pagine 158, euro 14,90).L'autore è Martín F. Echavarría,
accademico spagnolo dell'Università di Barcellona e di Navarra che da
anni è impegnato a recuperare la grande tradizione antica e medievale
rifiutata dalla modernità con particolare riguardo alla lezione di
Tommaso d'Aquino.
Secondo lo psicologo spagnolo dietro le origini anti-cristiane della psicoterapia contemporanea ci sarebbe l'influenza decisiva di Friedrich Nietzsche, lui è il mandante teorico della rottura con la tradizione e Sigmund Freud, l'esecutore materiale con la sua psicoanalisi.Due visioni contrapposte dell'uomo si sono infatti sviluppate nella civiltà occidentale: da un lato l'antropologia formulata su basi razionali, dalla filosofia greca e da Aristotele in particolare, integrata dal cristianesimo; dall'altra una naturalista e materialista, elaborata nell'antichità ma che ha avuto un ruolo sempre più egemone negli ultimi secoli e ha trovato sbocco nell'opera di Freud: «L'uomo nulla di più è, e nulla di meglio, dell'animale... Le sue successive acquisizioni non consentono di cancellare le testimonianze di una parità che è data tanto nella sua struttura corporea, quanto nella sua disposizione psichica». L'approccio della psicoanalisi, ripreso da altre correnti, ha finito, spiega il libro, per preparare il terreno alla rivoluzione sessuale, al femminismo radicale e alla distruzione della famiglia tradizionale.Una visione che ha screditato secoli e secoli di riflessione psicologica cristiana sull'uomo e sulla sua unicità. Echavarrìa arriva allora a tracciare uno straordinario albero genealogico, in cui, con buona pace degli intellettuali laicisti, spiccano anche santi e dottori della Chiesa.
Una galleria insospettabile che risale sino ai Padri del deserto, soprattutto Evagrio Pontico e Giovanni Cassiano e alle loro descrizioni dei difetti e delle malattie spirituali (e mentali). «Particolarmente interessante rispetto alla prassi della psicologia - scrive lo studioso spagnolo - è il loro trattamento delle otto "passioni", che nella tradizione orientale equivalgono ai sette vizi capitali della tradizione occidentale (iniziata da san Gregorio Magno); soprattutto le loro osservazioni sulle passioni della tristezza e dell'accidia». Un posto di rilievo in questa cronologia spetta senza dubbio a sant'Agostino con le sue Confessioni in cui scandaglia i temi della memoria e del tempo, o col De Trinitate, in cui tutta la vita mentale è vista come riflesso della Trinità: «Si tratta di una psicologia che parte dall'interiorità dell'anima, per elevarsi all'amore e alla contemplazione di Dio, suo Creatore, però che non ignora le sue contraddizioni e debolezze». E se lo stesso san Gregorio Magno nelle sue opere mostra «eccellenti doti psicologiche» è il Medioevo a elaborare una sintesi imprescindibile.
Brillano altri giganti della cristianità, come sant'Alberto Magno il quale «facilitò enormemente l'assimilazione di Aristotele che giungerà al culmine con il suo discepolo san Tommaso d'Aquino». Quanto a quest'ultimo, grande dottore della Chiesa, a proposito delle sue elaborazioni psicologiche dirà lo psicanalista tedesco Erich Fromm: «In Tommaso d'Aquino si incontra un sistema psicologico da cui si può probabilmente apprendere di più che dalla gran parte degli attuali manuali di tale disciplina; si incontrano in esso trattati interessantissimi e molto profondi di temi come il narcisismo, la superbia, l'umiltà, la modestia, i sentimenti d'inferiorità, e molti altri». Ma autentici «psicologi del profondo» sono anche mistici raffinati come il venerabile Giovanni Taulero, il beato Giovanni Ruysbroeck, Jean Gerson, cancelliere dell'Università di Parigi, Ugo di Balma, Enrico Herp, Dionisio il Certosino, l'autore dell'Imitazione di Cristo, fino ai vertici toccati da santa Teresa di Gesù e san Giovanni della Croce. E che dire di sant'Ignazio di Loyola, i cui Esercizi Spirituali «sono un grande esempio di profondità psicologica, che gli è riconosciuta da autori differenti come Carl Gustav Jung».Non è allora un caso che il "killer" teorico di questa tradizione sia stato il filosofo tedesco Nietzsche che considerava il santo come «la specie più grave di nevrotico».
L'ostracismo anti-cristiano dei secoli moderni ha fatto sì che «il più importante se non l'unico psicoterapeuta cattolico del Novecento» sia stato allora Rudolf Allers. Lo studioso austriaco era fermamente convinto che la psicologia e la psichiatria per essere davvero efficaci dovevano avere una solida base metafisica.L'ultimo pregiudizio sfatato da Echavarría è quello secondo cui il Magistero della Chiesa non abbia trattato in maniera organica la psicologia. Basta invece attingere ai pronunciamenti di Pio XII per essere smentiti: il pontefice confutò apertamente la psicoanalisi che riduceva l'uomo a livello dell'animale, a un essere tutto pulsione e immaginazione. E tratteggiò una visione alternativa ridando il giusto peso alla ragione e alla volontà che guidano "dall'alto" la vita psichica umana.
La «psicoterapia dall'alto» di Pio XII non fa altro che riprendere la grande tradizione psicologica cristiana. Un patrimonio che oggi potrebbe fornire la chiave a una società secolarizzata e in crisi che «dissolve le relazioni umane fondamentali alla base dello sviluppo della personalità sana e matura ed è terreno fertile di sempre più squilibri psichici: ansia, depressione, anoressia, dipendenze». Sotto il lettino dello psicoanalista è stato sotterrato un tesoro.
Secondo lo psicologo spagnolo dietro le origini anti-cristiane della psicoterapia contemporanea ci sarebbe l'influenza decisiva di Friedrich Nietzsche, lui è il mandante teorico della rottura con la tradizione e Sigmund Freud, l'esecutore materiale con la sua psicoanalisi.Due visioni contrapposte dell'uomo si sono infatti sviluppate nella civiltà occidentale: da un lato l'antropologia formulata su basi razionali, dalla filosofia greca e da Aristotele in particolare, integrata dal cristianesimo; dall'altra una naturalista e materialista, elaborata nell'antichità ma che ha avuto un ruolo sempre più egemone negli ultimi secoli e ha trovato sbocco nell'opera di Freud: «L'uomo nulla di più è, e nulla di meglio, dell'animale... Le sue successive acquisizioni non consentono di cancellare le testimonianze di una parità che è data tanto nella sua struttura corporea, quanto nella sua disposizione psichica». L'approccio della psicoanalisi, ripreso da altre correnti, ha finito, spiega il libro, per preparare il terreno alla rivoluzione sessuale, al femminismo radicale e alla distruzione della famiglia tradizionale.Una visione che ha screditato secoli e secoli di riflessione psicologica cristiana sull'uomo e sulla sua unicità. Echavarrìa arriva allora a tracciare uno straordinario albero genealogico, in cui, con buona pace degli intellettuali laicisti, spiccano anche santi e dottori della Chiesa.
Una galleria insospettabile che risale sino ai Padri del deserto, soprattutto Evagrio Pontico e Giovanni Cassiano e alle loro descrizioni dei difetti e delle malattie spirituali (e mentali). «Particolarmente interessante rispetto alla prassi della psicologia - scrive lo studioso spagnolo - è il loro trattamento delle otto "passioni", che nella tradizione orientale equivalgono ai sette vizi capitali della tradizione occidentale (iniziata da san Gregorio Magno); soprattutto le loro osservazioni sulle passioni della tristezza e dell'accidia». Un posto di rilievo in questa cronologia spetta senza dubbio a sant'Agostino con le sue Confessioni in cui scandaglia i temi della memoria e del tempo, o col De Trinitate, in cui tutta la vita mentale è vista come riflesso della Trinità: «Si tratta di una psicologia che parte dall'interiorità dell'anima, per elevarsi all'amore e alla contemplazione di Dio, suo Creatore, però che non ignora le sue contraddizioni e debolezze». E se lo stesso san Gregorio Magno nelle sue opere mostra «eccellenti doti psicologiche» è il Medioevo a elaborare una sintesi imprescindibile.
Brillano altri giganti della cristianità, come sant'Alberto Magno il quale «facilitò enormemente l'assimilazione di Aristotele che giungerà al culmine con il suo discepolo san Tommaso d'Aquino». Quanto a quest'ultimo, grande dottore della Chiesa, a proposito delle sue elaborazioni psicologiche dirà lo psicanalista tedesco Erich Fromm: «In Tommaso d'Aquino si incontra un sistema psicologico da cui si può probabilmente apprendere di più che dalla gran parte degli attuali manuali di tale disciplina; si incontrano in esso trattati interessantissimi e molto profondi di temi come il narcisismo, la superbia, l'umiltà, la modestia, i sentimenti d'inferiorità, e molti altri». Ma autentici «psicologi del profondo» sono anche mistici raffinati come il venerabile Giovanni Taulero, il beato Giovanni Ruysbroeck, Jean Gerson, cancelliere dell'Università di Parigi, Ugo di Balma, Enrico Herp, Dionisio il Certosino, l'autore dell'Imitazione di Cristo, fino ai vertici toccati da santa Teresa di Gesù e san Giovanni della Croce. E che dire di sant'Ignazio di Loyola, i cui Esercizi Spirituali «sono un grande esempio di profondità psicologica, che gli è riconosciuta da autori differenti come Carl Gustav Jung».Non è allora un caso che il "killer" teorico di questa tradizione sia stato il filosofo tedesco Nietzsche che considerava il santo come «la specie più grave di nevrotico».
L'ostracismo anti-cristiano dei secoli moderni ha fatto sì che «il più importante se non l'unico psicoterapeuta cattolico del Novecento» sia stato allora Rudolf Allers. Lo studioso austriaco era fermamente convinto che la psicologia e la psichiatria per essere davvero efficaci dovevano avere una solida base metafisica.L'ultimo pregiudizio sfatato da Echavarría è quello secondo cui il Magistero della Chiesa non abbia trattato in maniera organica la psicologia. Basta invece attingere ai pronunciamenti di Pio XII per essere smentiti: il pontefice confutò apertamente la psicoanalisi che riduceva l'uomo a livello dell'animale, a un essere tutto pulsione e immaginazione. E tratteggiò una visione alternativa ridando il giusto peso alla ragione e alla volontà che guidano "dall'alto" la vita psichica umana.
La «psicoterapia dall'alto» di Pio XII non fa altro che riprendere la grande tradizione psicologica cristiana. Un patrimonio che oggi potrebbe fornire la chiave a una società secolarizzata e in crisi che «dissolve le relazioni umane fondamentali alla base dello sviluppo della personalità sana e matura ed è terreno fertile di sempre più squilibri psichici: ansia, depressione, anoressia, dipendenze». Sotto il lettino dello psicoanalista è stato sotterrato un tesoro.
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