Psicologia, da una parte, e realtà cristiana, dall'altra, si sono spesso guardati in "cagnesco", come ebbe a dire Roberto Marchesini nell'introduzione a Psicologia e Cattolicesimo di Rudolf Allers (D'Ettoris, Crotone, 2009). Basti pensare a cosa Freud diceva della religione ed a quanto il suo pensiero sia subentrato nella mentalità contemporanea. E questo è solamente l'esempio più semplice che si possa fare. Il risultato è che oggigiorno lo psicologo cattolico si trova spaesato in una marea di modelli clinici dalla dubbia bontà antropologica e, di conseguenza, rischia di vivere una forte scissione tra la propria vita - edificata sul riconoscimento di Cristo - e la prassi terapeutica - costruita sui pilastri dei "maestri" di scuola. Le università cattoliche sono sovente cattoliche solo nel nome. I contributi volti a ridurre lo spazio di tale ferita sono scarsi, e scarsamente interessanti. A onor del vero l'unità tra psicologia e cristianesimo, sotto varie forme, è stata parzialmente raggiunta ad opera degli operatori pastorali i quali si sono rivolti alla psicologia per cogliere di più e meglio l'uomo quale obiettivo del proprio operare.
Se dunque i professionisti clinici che hanno tentato di costruire una prassi volta all'unità tra l'antropologia cristiana e la terapia si contano sulle dita di una mano, i libri ed i corsi rivolti ai sacerdoti, religiosi e, più in generale, operatori pastorali di varia natura presentano quasi sempre degli approfondimenti psicologici. Come dire: se gli psicologi non si rivolgono al sapere della Chiesa, è la Chiesa a rivolgersi verso la psicologia. Uno dei contributi più interessanti in tal senso è il "corso medico-psicologico per sacerdoti e religiosi" tenutosi nel 1968 e per tre anni successivi presso la O.A.R.I., ovvero l'Opera per l'Assistenza Religiosa agli Infermi, con sede a tutt'oggi a Brezzo di Bedero in provincia di Varese. A coordinare il corso, il professor Agostino Massone, primario psichiatra e direttore sanitario del Piccolo Cottolengo, nonché direttore del Centro Medico-Psicologico Religioso "Maria Mediatrice" dell'Oari, che per diversi anni ed in numerosi testi si è speso per una educazione psicologica accessibile alla realtà ecclesiale. Nella Introduzione scriveva: "Questo corso è nato sotto gli auspici di quello spirito di collaborazione, che si va ormai intensificando, tra Religiosi da una parte, e psicologi e psichiatri dall'altra [...]. Non più tardi di alcuni decenni orsono, Freud profetizzava la fine della grande illusione, quale egli aveva definito la religione, avendo scorto in essa null'altro se non i segni di una nevrosi ossessiva universale. Oggi noi cattolici non mostriamo, nei confronti dell'edificio psicoanalitico, quella stessa aggressività della quale il suo fondatore aveva gratificato la Chiesa". Parole pronunciate da uno psicoanalista, che qui ricordiamo a pochi mesi dalla morte. Il corso si sviluppa per tre lunghi volumi, molto ben dettagliati soprattutto poiché riportano anche gli interventi dei partecipanti, tutt'altro che superficiali. Se la parte squisitamente psicologica è quella che, a quarant'anni di distanza, soffre di invecchiamento, sia per quanto riguarda i termini che per alcuni contenuti, la parte più squisitamente antropologica, e quindi potremmo dire "cristiana", è quella a tutt'oggi valida, proprio perché maggiormente trascurata.
Se dunque i professionisti clinici che hanno tentato di costruire una prassi volta all'unità tra l'antropologia cristiana e la terapia si contano sulle dita di una mano, i libri ed i corsi rivolti ai sacerdoti, religiosi e, più in generale, operatori pastorali di varia natura presentano quasi sempre degli approfondimenti psicologici. Come dire: se gli psicologi non si rivolgono al sapere della Chiesa, è la Chiesa a rivolgersi verso la psicologia. Uno dei contributi più interessanti in tal senso è il "corso medico-psicologico per sacerdoti e religiosi" tenutosi nel 1968 e per tre anni successivi presso la O.A.R.I., ovvero l'Opera per l'Assistenza Religiosa agli Infermi, con sede a tutt'oggi a Brezzo di Bedero in provincia di Varese. A coordinare il corso, il professor Agostino Massone, primario psichiatra e direttore sanitario del Piccolo Cottolengo, nonché direttore del Centro Medico-Psicologico Religioso "Maria Mediatrice" dell'Oari, che per diversi anni ed in numerosi testi si è speso per una educazione psicologica accessibile alla realtà ecclesiale. Nella Introduzione scriveva: "Questo corso è nato sotto gli auspici di quello spirito di collaborazione, che si va ormai intensificando, tra Religiosi da una parte, e psicologi e psichiatri dall'altra [...]. Non più tardi di alcuni decenni orsono, Freud profetizzava la fine della grande illusione, quale egli aveva definito la religione, avendo scorto in essa null'altro se non i segni di una nevrosi ossessiva universale. Oggi noi cattolici non mostriamo, nei confronti dell'edificio psicoanalitico, quella stessa aggressività della quale il suo fondatore aveva gratificato la Chiesa". Parole pronunciate da uno psicoanalista, che qui ricordiamo a pochi mesi dalla morte. Il corso si sviluppa per tre lunghi volumi, molto ben dettagliati soprattutto poiché riportano anche gli interventi dei partecipanti, tutt'altro che superficiali. Se la parte squisitamente psicologica è quella che, a quarant'anni di distanza, soffre di invecchiamento, sia per quanto riguarda i termini che per alcuni contenuti, la parte più squisitamente antropologica, e quindi potremmo dire "cristiana", è quella a tutt'oggi valida, proprio perché maggiormente trascurata.
Per la sua immediatezza e facilità di lettura, riportiamo l'intervento introduttivo di Mons. Giovanni Battista Pardini (1904-1987), vescovo di Jesi che esplora con sinteticità alcuni temi ben noti, come il collegamento tra corpo ed anima, ma tutt'oggi importanti proprio perché tanto spesso dimenticati (o persino ignorati).
Mi preme osservare come negli anni sessanta/settanta l'incontro-scontro tra la psicologia, da una parte, e la realtà cristiana dall'altra abbia dato avvio ad interessanti approfondimenti che, invece, oggi sono del tutto assenti. Da un monsignore ho sentito che "non ci sono più i nemici perché siamo tutti dialoganti". Io temo, invece, che non si dialoghi proprio più, perché non si è in grado di vedere la propria identità - non la si conosce! non la si studia! - e dunque neppure l'alterità, amica o nemica che sia. Forse dovremo ripartire proprio da contribtuti, libri e corsi come questo.
SUA ECC. MONS. GIOVANNI B. PARDINI
VOSCOVO di Jesi e Amministratore Apostolico di Senigallia
LA CONOSCENZA INTEGRALE DELL'UOMO: ANIMA E CORPO
Perché abbiamo voluto questo
Corso ? Forse per la temeraria pretesa di insegnare a qualcuno l'educazione dei
giovani, che avranno domani un posto preminente nella società ? Sarebbe stato
un assurdo ed un'offesa a uomini qualificati quali i miei uditori, scelti dai
loro superiori con oculatezza e con fiducia. E' stato solo per rispondere ad un
desiderio, manifestato da tante parti, di trovarsi insieme per discutere alcuni
problemi e certe sentite esigenze di adeguamento, oggi quanto mai urgente in un
campo così difficile. E allora, umilmente, senza pretese, ci siamo assunti,
forse con una certa giovanile, ma innocente baldanza, il compito di cominciare.
Che cosa ci siamo proposti ? Studiare, da un certo punto di vista, questi
soggetti educabili, che restano uomini, « animalia rationalia », anche quando
sono battezzati, cresimati e ordinati. ll catechismo di Pio X, sempre
venerando, con un linguaggio non sempre adeguato, forse, al vocabolario dei
nostri tempi, definisce l'uomo : un essere « composto » di anima e di corpo. Quel termine «
composto » non suona bene. Però resta vero che il cristiano è una sintesi di
corpo, anima e grazia.
Ecco quattro domande : 1) Che
cosa è l'educazione in genere ? 2) Come si educa l'anima ? 3) Come si educa il
corpo ? 4) Come interferiscono il corpo e l'anima ? l'uomo e il cristiano ?
I. Che cosa è l’educazione, in genere
Poche
parole sulla educazione,
come viene concepita nel mondo di oggi, da non pochi che fanno sentire la loro
influenza anche nei nostri ambienti. Non do le classiche definizioni, perché
non voglio farvi torto. Elenco alcune di quelle che oggi, in certi campi, sono
accettate.
Huxley: «consiste – dice lui –
nell’allevare dei giovani esseri, uomini, in vista della libertà, della
giustizia, della pace». Mi sembra definizione teorica, vaga e,
direi…demagogica.
Herbart afferma che il compito
dell’educazione è «formare l’individuo per se stesso, svegliando in lui la
molteplicità degli interessi». Confesso che non capisco.
Kersehensteiner: per lui
l’educazione consisterebbe «nell’estendere la cultura, affinché l’uomo
organizzi i suoi valori nella sua coscienza». Mi pare troppo poco.
Renouvier vede nell’educazione il
mezzo di perfezionare l’uomo. Se quel vocabolo «perfezione» avesse tutto il suo
significato, lo accetterei volentieri.
Joly vuole che l’educazione dia
«ad un essere il possesso completo ed il buon uso delle sue facoltà». Quali
facoltà?
Kant, che affiora un po’
dapertutto, si propone di sviluppare con l’educazione tuta la perfezione di cui
un uomo è capace. Mica male, ma che cos’è per Kant la perfezione?
Stuart Mill precisa: «avvicinarsi
alla perfezione della nostra natura». Però, tra l’altro, manca ogni accenno
all’elemento cristiano.
James Mill è più utilitarista: la
educazione sarebbe «uno strumento di felicità per sé e per gli altri». Belle
parole.
Non si finirebbe tanto presto se
dovessimo sentire tutti quelli che si sono occupati di questo argomento. Noi
crediamo che l’educazione possa essere definita l’insieme delle regole teoriche
e pratiche che tendono a preparare il futuro uomo a compiere nel miglior modo
l’ufficio che la Provvidenza gli ha assegnato, con la sua vocazione naturale e
soprannaturale. Credo che, in qualche modo, queste parole possano riassumere
tutte le definizioni classiche.
Penso con Carrel che gli elementi
per riuscire sono: due umani, il coraggio e la sincerità; uno sovrumano, la
grazia di Dio.
II. Appena un cenno sulla educazione dell’anima umana
Qui me la cavo con poche parole.
Mi accontento di rapide osservazioni ed affermazioni. Tra le facoltà dell’anima
umana, innanzitutto occorre educare l'intelligenza all'analisi e alla sintesi;
a saper vedere e giudicare. Anche l'educazione della memoria è importante. Ma
qui non posso soffermarmi a sviluppare questi concetti. Occorre tener conto dei
vantaggi dei metodi attivi, ma anche delle loro lacune. Per conto mio penso che
la logica naturale, minor et major, del buon Aristotele sia ancora valida. Il
metodo induttivo e deduttivo è ancora il più sicuro. (Naturalmente una cosa è
la scolastica autentica ed una cosa è lo scolasticismo degli stenterelli) .
Credo ancora allo sforzo individuale, al magistero sanamente autoritario. C'è
chi afferma che sono stati i Gesuiti a provocare la ribellione (inconscia) di
Descartes e la ribellione (arrabbiata) di Voltaire. Io non lo so. Ma credo che
se Descartes e Voltaire si fossero preoccupati di più di approfondire la vera
scolastica e il vero tomismo — non quelli che venivano forse insegnati ai loro
tempi — e fossero stati molto sinceri, non avremmo avuto due ribelli. Ammiro
Rosmini per la sua intelligenza geniale, la cultura formidabile, la sincerità e
l'onestà eroica; ma mi duole rilevare certe sue lacune ed innegabili
deviazioni, che si debbono più alla vastità del campo da lui esplorato e a
certi metodi non ben trutinati, che al suo sistema. Sed de hoc satis.
III. L'educazione del corpo
Il corpo non è frate asino (sia
detto senza irriverenza), ma un capolavoro della intelligenza geniale del
Creatore. Tornando all'estroso Descartes: egli disprezza troppo il corpo. Che
occorra anche una educazione del corpo apparirà meglio dalla quarta ed ultima
parte di questa mia tiritera, che sarà naturalmente la più lunga e pertinente.
Mens sana in corpore sano. La mano, per esempio, è un organo importantissimo
per esprimere il pensiero e la volontà, nonché i sentimenti. I giochi hanno una
influenza capitale. Lo sport attivo è un elemento determinante. La ginnastica è
un coefficiente decisamente indispensabile, oggi, per lo sviluppo, non solo
somatico, ma intellettuale e morale. E' sorprendente che la memoria fisica
abbia una potenza preponderante su quella psichica. Noi abbiamo bisogno di una
integrazione che ci restituisca l'uomo come è uscito dalla mano di Dio e
restaurato da Gesù Cristo : una integrazione del morale sul fisico, ma anche
del fisico sul morale. Certe vite di santi, così come sono narrate, sono per lo
meno molto discutibili. Quando Alexis Carrel scrisse il suo libro più famoso,
durò fatica a trovare un editore, perché era ritenuto di scarso interesse. Questo
fatto indica che le preferenze, le aspirazioni, gli istinti più profondi
dell'uomo sono generalmente ignorati anche da coloro che avrebbero il dovere di
conoscerli.
IV. Interferenze tra corpo e anima
Noi non crediamo all'asserto di
Rousseau, che la natura umana sia « undequaque » buona e occorra lasciarla
fare. Diciamo subito che il nostro fine è dimostrare che non si può,
nell'educazione del giovane, separare l'anima dal corpo: l'educando è uomo e
questo uomo. Il senso morale può dipendere da molti fattori: dall'ambiente
chimico all'ambiente psichico, dall'ambiente morale all'ambiente fisico, e
persino dalle abitudini alimentari. L'uomo a temperamento logico probabilmente
ha una conformazione fisica e chimica del cervello diversa da quella di colui
che è solo intuitivo. Come vedremo, il sistema endocrino ha la sua influenza ed
è per questo che la donna ragiona spesso diversamente dall'uomo. E' persino
possibile che certi elementi corporei rendano l'uomo più buono o più cattivo.
Non è per divertimento che la Chiesa fa dire al ministro della Penitenza « Ego
te absolvo, in quantum possum et tu indiges ». Può riuscire assai difficile
modellare certi cervelli e certi cuori senza preoccuparci della loro
costituzione fisica, chimica e della loro cartella clinica. E l'ereditarietà ha
la sua importanza nel campo dell'educazione; l'ereditarietà fisica è più marcata
che l'ereditarietà psichica; ma non è del tutto sballata l'affermazione che
ogni vivente, compreso l'uomo, rivive per metà nei suoi successori. Soprattutto
la madre, nel suo seno può modificare il feto. Ogni educatore deve conoscere,
almeno sommariamente, le leggi di Mendel; si può qui osservare che tra certi
uomini e certe donne esistono dei casi limite per cui l'unica differenza è
costituita dagli organi sessuali. E' appena il caso di ricordare l'importanza
dell’ipofisi. Abbiamo già detto che l'alimentazione ha il suo ruolo. Per
esempio, l'alcool, se usato fuori tempo e fuori misura, è dannoso all'uomo e ai
suoi figli. Quanto poi la quantità e la qualità dell'alimentazione influiscano
sul fatto sessuale non è il caso di sottolineare. Mangiar troppo e troppo bene,
mangiar poco e male, per un giovane conta molto nelle sue lotte di ordine
sessuale. Non si possono trascurare il clima, l'umidità dell'aria, il vestito,
per la capacità di iniziativa, per lo spirito di inventiva, per le idee, per le
attitudini, per l'igiene, per l'onestà, per la moralità, per il controllo di sé,
per il senso della bellezza (istintiva o artistica), per la letteratura; persino
nei particolari orientamenti filosofici c'entra molto di questo. Ma per non
apparire troppo naturalista, che non sono, o, peggio, materialista, vi prego
seguirmi ancora.
Non è certamente possibile, né
del resto è mia intenzione, trattare in una conversazione la questione come
esigerebbe lo svolgimento discreto del tema, così vasto e impegnativo. Sappiamo
tutti che la ricchezza di osservazioni e di materiale filosofico, scientifico,
tecnico, sperimentale e patologico in questo campo, impedisce senz'altro ogni
pretesa di completezza. Il problema dei rapporti tra anima e corpo, da tempo
immemorabile, ha per oggetto non soltanto il cosiddetto « conflitto della
facoltà », ma anche l'istinto e la volontà umana, in senso di ricerca generale,
e può essere visto ed esposto da infiniti punti di vista: filosofico, scientifico,
medico, morale, educativo e pastorale. Qui, dobbiamo semplicemente limitarci a
dire qualche parola sui rapporti tra corpo e anima: ma non tra il corpo preso
nella sua « totalità » e l'anima presa nella sua « ampiezza d'azione », per cui
non basterebbe un trattato; bensì tra corpo e anima in relazione a quelle
realtà fenomeniche, non scindibili almeno sul piano pratico, che possono
concernere l'attività del medico e del sacerdote. Il mio tentativo consiste nel
sottolineare che ogni direttore ed educatore d'anime, tanto più se queste anime
sono avviate al fine alto del ministero divino, deve porsi una problematica che
oggi si rende tanto più urgente quanto più le esigenze di ogni tipo si
moltiplicano. Le osservazioni degli esperti mostrano sempre di più l'esistenza
di stretti rapporti tra fenomeni somatici, psichici e spirituali. Anzi, per noi
sacerdoti, è necessario aggiungere che tra tutti questi fenomeni d'ordine
naturale e quelli soprannaturali che partono dalla grazia di Dio ricevuta nel
Battesimo, potenziata nella Cresima, offesa o mortificata dal peccato,
destinata a sublimarsi nel sacerdozio, i rapporti non sono meno stretti e meno
influenti. Gli studi moderni hanno fatto enormi progressi, soprattutto nel
campo della psicologia, della neurologia e della psichiatria, nonché
nell'antropologia; anche se certi filosofi, certi moralisti, certi educatori,
certi medici se ne dimostrano ancora molto profani e non è raro che sorridano
dei nostri tentativi.
Negli ultimi decenni sono state
scoperte cose nuove, o cose vecchie forse messe in luce in modo nuovo; molti
segreti sono stati svelati, moltissimi restano da scoprire e lasciano
all'indagine, all'intuizione, all'esperienza personale ed alla preghiera un
campo immenso. Come il corpo umano non può essere nel suo studio ricondotto al
concetto di pura macchina o di una storta chimica, così l'anima non può essere
nel suo studio ricondotta ad una successione di fenomeni più o meno misteriosi;
ma non si può neppure negare che tra anima e corpo vi sia una stretta
interdipendenza; cosicché, nello studio teorico e nella educazione pratica, non
è possibile prescindere ora dall'uno ora dall'altro, come se l'anima e il corpo
fossero semplicemente due soci in compartecipazione o due compagni di viaggio
obbligati a percorrere insieme, sullo stesso veicolo, la stessa strada della
vita. Il corpo umano è un organismo animato da una sostanza spirituale e
l'anima umana non è, come voleva Platone, una sua prigioniera, ma è unita così
attivamente al corpo che l'analogia di intrinsechezza tra sposo e sposa è
troppo distante dalla realtà: è, (l'anima), una sostanza in-corporata,
incarnata, così che dalla fusione di questi due elementi si ha un individuo
solo, una entità sola, una persona sola, soggetto di azione e passione, unico
individuo, indivisibile fino alla corruzione della morte: « Quod est indivisum
in se ipso et divisum a quolibet alio », dicevano quelle buone anime di
scolastici che, pur dovendo lavorare su materiale empirico, hanno avuto delle
intuizioni meravigliose che non sono tramontate e non tramonteranno. Non
intendo, e non ne sarei capace, risolvere problemi di carattere filosofico o
scientifico, ma meglio ancora sottolineare questa unione meravigliosa che
rappresenta una speciale fusione, senza essere una confusione.
Voglio entrare anche di più in
medias res, per dire che il mio fine si limita ad invitare i miei confratelli a
tenere presenti svariatissimi elementi che agiscono sinergicamente: organi a
secrezione interna, caratteristiche psicofisiche ereditarie, condizioni
ambientali, condizioni dipendenti dal sesso, dalla età, dal clima,
dall'estrazione sociale, dal sistema nervoso, da fattori patologici, da fattori
soprannaturali e vocazionali, dai fini da raggiungere e persino dalle
interferenze cosmiche.
Un altro cardine per noi cattolici
e sacerdoti è che tutti questi elementi, presi separati o insieme, non
rappresentano dei limiti ben definiti e insuperabili, tali da privare
ordinariamente un soggetto della sua autonomia e della sua libertà, quindi
della sua modificabilità, e della sua responsabilità: salvo, s'intende, che il
soggetto operante non sia vincolato da ignoranza, errore, violenza o malattia.
Certo, le predisposizioni, le aperture, certe componenti ambientali e di razza
non possono essere indenni da influenze e non debbono essere trascurate, tanto
più che non sempre sono facili ad essere scoperte e superate: per questo occorre
studio e pazienza; e ricominciare sempre, non scoraggiarsi mai e non ritenere
di essere arrivati mai alla conoscenza degli uomini e soprattutto dei giovani:
le sorprese sono, forse, quotidiane. Quello che è certo è che la struttura
generale della persona e l'inserimento della persona in quella struttura e
nelle tendenze di ambiente interno o esterno, di per sé e in linea generale,
non rendono l'uomo schiavo, meccanico, istintivo, irresponsabile, fatte sempre
le debite eccezioni e proporzioni. Non è priva di enormi conseguenze
l'ignoranza e la noncuranza del sacerdote e del direttore di spirito, del
medico e de maestro circa questa materia che oggi è tutta in evoluzione e di
scottante attualità. Sacerdoti e medici, maestri e genitori si debbono
completare a vicenda. Però non possiamo qui non affermare che, nonostante i progressi
naturali compiuti nella conoscenza dell'organismo umano, certe questioni
fondamentali del nostro essere intimo sfuggono ancora ad ogni strumento e ad
ogni indagine e le sciocchezze scritte e dette sono innumerevoli. La disgrazia
è che abbiamo avuto filosofi e scienziati e conseguentemente correnti molto
divergenti che hanno preteso frettolosamente dare delle conclusioni teoriche e
pratiche, lasciandosi trascinare dalla loro speciale concezione della realtà
cosmica e della realtà umana.
La ristrettezza del tempo e la
limitatezza delle mie capacità mi impediscono di esaminare e anche soltanto di
enumerare tutte le ipotesi che sono state fin qui, con più o meno serietà, elucubrate.
Il problema dei rapporti tra l'anima e il corpo in particolare è stato oggetto
di molto studio a carattere filosofico, morale, scientifico, tecnico e
ascetico. Forse non da tutti è stato sempre tenuto in debito conto un fatto che
occorre assolutamente tener presente: che il problema è sempre esistito
(peccato originale) ed esiste oggi più che mai ed esisterà sino alla fine del
mondo, perché il peccato originale ha ferito, non sostanzialmente mutato, la
natura umana. Pur limitandomi strettissimamente ad alcuni aspetti, debbo
osservare che le ipotesi elaborate ai riguardo sono innumerevoli. Non vorrei
che questa mia conversazione dovesse deludere, per certi aspetti, le vostre
attese, dal momento che non mi ritengo in grado di portare soluzioni o mirabolanti
contributi: certamente i problemi biopsichici e psicosomatici, i problemi
morali e pedagogici per direttori di coscienze, soprattutto di futuri sacerdoti
sono realmente assillanti e ci rendono assai preoccupati per i sacerdoti di
domani. Prescindendo da concezioni filosofiche, monistiche o dualistiche;
prescindendo dal fatto di reciproche influenze funzionali tra anima e corpo;
prescindendo da ipotesi di parallelismo psicofisico tra i due elementi, in
questa sede è necessario constatare che, pure nell'innegabile interdipendenza,
le funzioni psichiche non sono le funzioni somatiche, né coincidono in tutto,
né si uguagliano. Può darsi che un fenomeno o sintomo psichico ceda o parta da
un fenomeno o sintomo corporeo, ma è assolutamente impossibile identificare
l'uno con l'altro. Ma allora che cosa è l'anima e che cosa è il corpo? Quanto
all'anima, dovendo parlare a sacerdoti, mi contento di invitarli a rievocare
quello che hanno studiato nella filosofia scolastica. L'anima è la forma del
corpo, l'atto, l'entelecheia. La vita in atto primo.
Che cosa è il corpo? Non ci si
può certamente contentare di definire il corpo descrivendo dei dati anatomici,
dei processi fisiologici di natura chimica o fisica, le loro associazioni, le
funzioni organiche, la circolazione del sangue ed il sistema nervoso. Il corpo
non è soltanto una gran pila elettrica e neppure soltanto una dinamo: è un
vivente, e umano. Ma quel che ci interessa di più è conoscere i limiti tra la
sfera del corpo e la sfera dell'anima. I rapporti tra soma e psiche, tra psiche
e spirito non si limitano all'anatomia, alla fisiologia e neppure alla
psicologia, ma certo interessano tutti gli organi del corpo: apparato nervoso e
soprattutto cerebrale, apparato sessuale, apparato sensoriale, apparato
digerente e circolazione; interessano altresì l'intelligenza, la volontà, la
libertà e, per noi cattolici e sacerdoti, il fatto della fede e della vita
soprannaturale. La grazia infatti non sopprime la natura, la guarisce semmai,
la aiuta sempre e, con la dovuta collaborazione, la potenzia. Ma sarebbe un
errore grave, anche se non raro, pensare e operare come se nell'uomo vi fossero
almeno tre soggetti distinti e indipendenti, tre sfere e tre ambienti: il
soggetto delle azioni e passioni, il supposto, l'individuo, la persona così
complessa e misteriosa: corpo, anima, grazia. Non esiste un uomo solo corpo,
solo anima, solo grazia. Occorre appena rilevare che l'essere descritto da
certi clinici, psicologi, psichiatri, antropologi, moralisti che identificano
ogni attività umana in una funzione elettrica, chimica e fisica, o in una
funzione intellettiva pura, o nell'apparato soprannaturale della grazia, non
esiste. E' un errore : l'uomo cristiano è un uomo completo. Hanno ragione pure
coloro che considerano il corpo e l'anima come espressione di una stessa realtà
? Aristotele diceva che il corpo è solo strumento dell'anima; Kleges afferma
che il corpo è solo una rivelazione dell'anima; Forel insegna che l'anima è una
funzione del corpo; Kretochmer dice che l'anima è l'esperienza vissuta; Novalis
insegnava che l'anima è solo il mondo esterno, interiorizzato; Marx diceva che
l'anima è un modo di manifestare gli elementi materiali. Però sbagliano tutti.
È chiaro che, quando vogliono
esprimere in concetti serrati e precisi cosa si intenda per anima e corpo,
partendo da visioni particolaristiche, a volte completamente opposte, si imbattono
in grande difficoltà. Occorre innanzitutto respingere l'ipotesi meccanicista;
gli atteggiamenti evoluzionistici puri, in senso da escludere l'intervento
diretto di Dio: l'uomo non è una macchina e neppure un animale bruto; non è un
angelo e neppure una colonia di elementi; l'uomo è l'uomo: sintesi indefinibile
di anima e corpo, corpo e anima, anzi anima in-corporata, non imprigionata,
ossia corpo animato: non respingerei la definizione scolastica: animalis
rationalis. il cristiano è sintesi di corpo, anima e grazia. Come non si può
ridurre l'attività umana tutta a stimoli, a combinazioni, a reazioni, a
riflessi, non si può concludere che certi atti dipendono da un determinato
fattore o «assolutamente», da gruppi di determinati fattori, A volte dipendono
da un fattore, a volte da un altro, a volte da tutti. Tutti, cause ed effetti e
condizioni, possono essere presenti in ogni atto o in qualche determinata
azione, più o meno percepiti; ma non possono, genericamente parlando, ritenersi
separati, operanti da soli, ad uno ad uno, o a gruppi per categoria scolastica;
per spiegare la natura e il comportamento del singolo essere umano, non bastano
le tavole di questo o quell'autore. Come nessuna scoperta può ancora spiegare,
almeno con sicurezza ed esaurientemente, come si passò dal mondo inorganico al
mondo organico, dal mondo organico alla sfera psichica, dalla sfera psichica alla
sfera puramente spirituale; così non si possono accettare tutte quelle affermazioni
materialistiche e umanitaristiche che vorrebbero identificare corpo ed anima
come se fossero due manifestazioni dello stesso essere; parimenti non si possono
accettare tutte quelle descrizioni che spiegano il comportamento umano come se
l'anima fosse la dispotica padrona del corpo e potesse fare e disfare tutto a
suo piacere; come non si può spiegare il comportamento della grazia, come se
fosse la bacchetta magica degli educatori santi.
In linea generale questo impero
dispotico non lo esercita neppure la Fede; e quando, raramente, essa sembra
costituirsi pilota ed auriga di una vita nuova, questo non si spiega se non
ricorrendo ad una economia superiore, a quella causa Suprema che sospende certe
leggi di natura ed introduce, nel regno inesplorato dell'anima redenta, il
miracolo o il mistero. La sintomatologia comune e la statistica scientifica dei
fatti può essere un buon ausiliare; anzi questo mistero va curato e se ne deve
tener conto con una certa severità, ma non ha sempre valore assoluto; quindi il
direttore di coscienza non deve e non può accettare ad occhi chiusi qualsiasi
conclusione, qualsiasi sistema più o meno inquadrato in determinate categorie.
Sta qui la sua difficoltà, sta qui la sua abilità; da certi dati analitici
trarre per contro proprio una certa sintesi. Quindi mi fanno sorridere certe
regole categoriche, certe preclusioni o certi responsi, certe proposizioni
inamovibili. Non si tratta dell' «uomo», ma si tratta di questo « uomo». Certe
banalità non soltanto fanno sorridere amaramente, ma inducono a riflessioni
assai preoccupanti, anche se portano firme illustri che redigono quotidiani e
rotocalchi, magari sedicenti cattolici. Per esempio non è possibile negare che
certe macchine risolvono diecimila moltiplicazioni al secondo; che si potrebbe
costruire una macchina della memoria; ma resta sempre una abissale differenza
tra l'uomo concreto e la macchina: l'uomo pone a sé il problema da risolvere, e
questo problema poco importa che poi lo risolva o meno; la macchina risolve
solo i problemi posti a lei dall'uomo, ma non è capace di porseli. La macchina
non è libera, è determinata, non può voler sbagliare, non può ingannare consideratamente,
perché non ha coscienza né di sé, né degli altri. Così, certi scrittori pongono
i loro problemi e li risolvono a loro modo; ma non pongono i problemi dei miei
seminaristi, dei miei sacerdoti e non li possono risolvere. Debbo risolverli io.
Altri identificano la vita dell'anima con reazioni chimiche: tutto è materia o
funzione della materia. Altri pensano che l'anima sia come una funzione del
cervello; certo è che la scienza può identificare certi disturbi funzionali in
lesioni di determinati punti del sistema nervoso e soprattutto dei cervello, ma
questo non vale a risolvere i fenomeni psicologici, in concreto: non esistono
le malattie, ma i malati; non esiste la santità, ma i santi. (Queste
affermazioni vanno prese cum grano salis, ma nei nostri manuali correnti vi è
ancora troppo personalismo e nominalismo). La difficoltà viene aumentata dal
fatto che in tante di quelle che diciamo funzioni corporee, come in quelle che
chiamiamo funzioni spirituali, si inseriscono funzioni superiori e funzioni
inferiori. Questo, con più o meno chiarezza, lo insegnavano già i Padri della
Chiesa e gli asceti del medio evo. Questa è la dottrina spiegata abbastanza
chiaramente da S. Francesco di Sales nelle sue opere.
In questa conversazione non
possiamo neppure prendere in esame la moderna distinzione tra anima e spirito,
che per noi cattolici non ha senso, poiché per noi l'anima è lo spirito, e
viceversa. E neppure il medico è capace di tracciare una linea di demarcazione
tra fenomeni psichici e fenomeni spirituali; tra fenomeni psichici e fenomeni
chimici; tra fenomeni fisici e fenomeni fisiologici.
Un'altra regione inesplorata è quella
dell'inconscio e del conscio, tanto più se si tiene conto che il contenuto del
termine psichico è molto labile e comprende una regione sensitiva,
intellettiva, istintiva e volontaria. La psicologia, la psichiatria, la
filosofia antropologica moderna non rare volte vanno a tentoni, in questa
landa, e dànno l'impressione di far più della fantascienza che non della scienza.
Per esempio, la distinzione in quattro stadi della vita umana: fisico,
organico, psichico e spirituale, dove pone i suoi limiti? È vero che S. Tommaso
distingueva già fenomeni psichici che dipendono in maniera diretta dal corpo,
per esempio la conoscenza a mezzo dei sensi esterni, dai fenomeni che ne
dipendono solo mediatamente, come la formazione delle idee, l'intuizione e le
esperienze spirituali. Ma allora che cosa è certo? Nonostante le difficoltà
intrinseche, che non permettono in una determinata azione dell'uomo in concreto
scindere e prescindere dall'influenza reciproca del corpo e dell'anima;
nonostante il ponderoso problema della loro interdipendenza, tuttavia una cosa
è certa: che è molto difficile stabilire in ogni atto umano quanto vi entra di
corporeo e quanto vi entra di psichico; quanto vi entra di spirituale puro e
quanto vi entra di grazia, se l'uomo è cristiano. Per questo il direttore di
coscienza deve rendersi attento ad ogni sfumatura di sintomi che potrebbero
sfuggire, provocare equivoci, responsi sbagliati, direttive disastrose. Ricorre
sempre il problema: in che rapporto stanno le attività del corpo e dell'anima?
Se vogliamo semplicemente dare un'occhiata ad alcune ipotesi a carattere divulgativo,
che hanno però la capacità di influenzare l'opinione dei profani, non sarà
tempo sprecato.
Una opinione abbastanza diffusa
oggi, per esempio, è che tutta l'attività dell'uomo si riduca ad una attività
elettrica. Questa opinione risolverebbe tutta l'attività umana partendo da 340
grammi di sostanza grigia cerebrale; però non tutti arrivano a queste
aberrazioni. I tentativi di Schopenauer, Freud, Klages sono andati incontro al
fallimento perché volevano ricondurre tutta l'attività umana all'egoismo, alla
sensualità, alla volontà di potenza o al panlogismo. Queste valutazioni
unilaterali ed orientamenti esclusivisti ormai sono superati. Avendo creduto di
spiegare il comportamento umano con le combinazioni di elementi che
scaturirebbero da queste tendenze — istinto di contraddizione e di distinzione
— hanno dimenticato che l'uomo non è una colonia ma è la sintesi più meravigliosa
che esista nell'universo. Queste persone, innegabilmente intelligenti, erudite
e geniali, essendosi poste su una cattiva strada, hanno dovuto elencare sino a
18 istinti fondamentali; anzi i loro discepoli ne hanno trovati oltre 50; e c'è
persino chi ne ha enumerati 14.046 ( ! ! !). Come spiegare queste aberrazioni?
Quando non si tiene presente che anche dopo molti anni Alexis Carrell potrebbe
riesumare il suo libro: « L'uomo, questo sconosciuto », ci si può inoltrare in
una boscaglia senza più uscirne. A onor del vero, questi sogni di fantascienza
sono ormai superati e si devono, con tutta probabilità, al fatto che non sì è
distinto tra la psiche dell'animale e quella dell'uomo: non si tenne conto che
tra l'anima umana e la psiche animale corre una differenza abissale, non solo
di quantità di dati, ma di qualità. Il mondo degli animali non è il mondo
dell'uomo: il posto che occupa nel mondo l'animale più progredito è assolutamente
diverso dal posto che occupa nel mondo l'uomo meno progredito. La sintesi
dell'animale è l'istinto; la sintesi dell'uomo è la libertà. La reale o
apparente somiglianza di alcuni dati somatici, prescindendo dal grave problema
della evoluzione, non indica identità di funzione. Il pennello di un
imbianchino, per il fatto che può aver delle somiglianze col pennello del
pittore, non indica che l'imbianchino sia un pittore; qualunque rasoio affilato
per barba non sarà mai un bisturi. Con questo non si vuole affermare però che
l'uomo non agisca mai per istinto. Ma il termine istinto, nella psicologia
moderna, non vuol significare sempre la stessa cosa; a volte vuol dire atto
involontario, a volte azione in comune tra l'uomo e il bruto, a volte oscurità
di concetti. La nutrizione e la sessualità sono due fatti istintivi, ma
nell'animale seguono leggi fisse o quasi; nell'uomo possono essere sempre
sublimati e trasferiti in un piano artistico, etico, religioso. Alcuni atti
avvengono in forma autonoma anche nella vita dell'uomo; per esempio, la nutrizione
di alcuni individui, suggestionati in seguito a disturbi psichici; e le
polluzioni notturne. Però ripetiamo che tra il comportamento dell'animale e
quello dell'uomo la diversità è incommensurabile. Quindi le soluzioni
materialistiche, sensiste, immanentiste sono da rigettarsi.
Allora dobbiamo concludere,
pessimisticamente, che « ignoramus et ignorabimus » ? No. Anche se Bunk ha
affermato che « nascita e morte, giorno e notte, primavera e inverno, istinto e
coscienza, tutto è miracolo intorno a noi e nulla può essere realmente
compreso, e che il nostro intelletto non è in grado di cogliere la più piccola
parte del sistema del mondo umano e la nostra scienza non è capace di
rispondere alle questioni più importanti del nostro spirito e di soddisfare i
desideri più grandi dell'anima nostra » ; noi non possiamo accettare questa
disperata posizione. Certamente noi sacerdoti alla psicologia razionale, che
abbiamo studiato in seminario, dobbiamo aggiungere lo studio della psicologia
sintetica e sperimentale, conoscere la neurosi, le malattie dei lobi frontali,
la modificabilità degli stati d'animo, le malattie del neoencefalo, le malattie
del diencefalo, i risultati della psicochirurgia, le psicosi e gli scrupoli, le
funzioni cerebrali in genere, l'endocrinologia, gli elementi principali
dell'anatomia, un po' di fisiologia, molta teologia antropologica, molta
ascetica, tra cui la « discretio spirituum ». Escludere la conoscenza della metafisica,
della etnologia, della psicologia e di alcune nozioni di medicina e di igiene
costituirebbe una carenza che si potrebbe pagar cara, una ignoranza colpevole
che avrebbe inevitabili influenze anche nello esercizio della Fede e nello
sfruttamento della Grazia di Dio. Il trascurare la preghiera e l'impegno serio
forse sarebbe una colpa anche peggiore. Chi può unire la capacità di osservazione
con la possibilità di uno studio sistematico è in dovere di farlo. Chi può
riunire in quella fucina, che S. Tommaso chiamava Thesaurus memoriae, le
esperienze più svariate, lo deve fare. Non tutto sarà chiaro, ma dove non
arriveremo mai noi, arriverà Dio, quando noi avremo fatto tutto quello che
potremo, anche sfruttando le scoperte moderne.
Mi permetto di aggiungere
un'altra osservazione. L'uomo, nel suo agire, dipende dal passato e dal
presente, dipende dai caratteri ereditari, dipende dalle influenze dell'ambiente,
sia materiale sia morale, dipende, più o meno, da tutte le membra del suo corpo
come dipende dal comportamento degli altri o da quello che egli immagina essere
il suo futuro. Disgraziatamente, noi sacerdoti, almeno in pratica, ci si contenta
di analizzare i dati del presente e così come li manifesta consciamente o inconsciamente
il soggetto che si mette, volontariamente o involontariamente, nelle nostre
mani; invece occorrerebbe, innanzi a qualunque anima che si apra o che dobbiamo
aprire, insieme con una rilevante dote di umiltà, un rispetto dignitoso, un
impegno generoso, sostenuto da tanta preghiera, perché il vero nocchiero
dell'anima battezzata è lo Spirito Santo; esserne persuasi è già molto;
mettersi strumenti docili a Sua disposizione è tutto; ma non bisogna
dimenticare mai che, nell'economia della salute in genere e nell'educazione in specie,
le cause seconde esercitano una funzione stabilita, e quindi irrinunciabile,
dal Creatore. Queste cause seconde sono la nostra intelligenza e il nostro
cuore; ma l'intelligenza non è quella che volgarmente si definisce da alcuni,
per una inconscia poltroneria, « lumen nasi », e il cuore non si identifica con
un po' di tenerume e di debolezza. Col contorno di qualche rosario stonato,
certi disturbi nella sfera della intelligenza, della volontà, della libertà non
si vincono; rimandarli o, peggio, sottovalutarli o contentarsi di affidarli
solo a Dio, quando Lui li ha affidati anche a noi, è disprezzo della Sua
volontà.
Occorre appena ricordare che va
sempre distinto il giudizio della superabilità di un comportamento, dal
giudizio che si deve dare sulla attitudine del soggetto ad una determinata
vocazione. Può darsi che un individuo sia completamente, o quasi,
irresponsabile di certi suoi atti, ma non se ne deve tirare la conseguenza che
per questo sia meno inadatto ad una determinata vocazione; un povero giovane,
senza sua colpa, può essere inadatto alla sintesi e non dovrebbe essere avviato
alla carriera medica; può essere che senza sua colpa non abbia comunicabilità,
e non dovrebbe essere avviato alla carriera di magistero; può essere che, senza
sua colpa, un giovane abbia tendenze spiccate per una vita più terrenistica che
apostolica. e non dovrebbe essere avviato al sacerdozio, per cui occorre una
speciale impostazione di idee e di comportamento. Insomma, attitudine non è
uguale a responsabilità: questo gli educatori devono saperlo e dovete saperlo
voi che siete Educatori qualificati, Padri spirituali e Rettori dei nostri
seminari; ne dovete essere certi e trarre tutte le conseguenze, facendole
coraggiosamente note e negando il vostro voto, sia pure con tutta umiltà, anche
innanzi a quei Vescovi che fossero soltanto preoccupati del numero e del
prestigio. E quel che dico dei Vescovi va detto dei Superiori Maggiori. Non è
vero che è meglio un prete mediocre che un non prete, tanto più poi è falso
quello che ho sentito ripetere da un responsabile: che un prete cattivo, per
quanto sia tale, è sempre un prete ed un bene per la Chiesa. No, direi
piuttosto che un prete di più (!), nella Chiesa cattolica, rappresenta un male
maggiore che dieci preti di meno (!). Non è soltanto il numero dei sacerdoti
che mantiene Cristo nel mondo, ma è una certa categoria di sacerdoti quelli che
avrete formato con la vostra scienza profana e sacra, col vostro impegno morale
e ascetico, con la vostra teologia teoretica e pratica, con la vostra preghiera
allo Spirito Santo datore di ogni bene, con la vostra intelligenza, con la
vostra attenzione, col vostro impegno, con la vostra fede dinanzi a questo
mistero che è l'uomo con le sue virtù e con i suoi vizi, con le sue carenze e
con i suoi slanci generosi, con la sua natura e con la grazia di Dio che auguro
a tutti voi in Cristo Gesù che ci fece « dispensatores mysteriorum Dei ».
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