Il libro che ci apprestiamo a recensire rappresenta, probabilmente, uno dei riferimenti più importanti per ogni psicologo cattolico: Da Aristotele a Freud - Saggio di storia della psicologia, di Martin F. Echavarria (D'Ettoris Editori, Crotone 2016). Come più volte è stato sottolineato su questo blog, sono anni difficili per "il sapere", ovvero per la conoscenza delle cose in generale e dei fatti storici in particolare. Il relativismo tende a manipolare la verità esperienziale mentre il revisionismo storico, spesso nascosto come aggiornamento mediatico, omette, distorce, falsifica. Si pensi, ad esempio, alle fiction televisive, in cui diversi personaggi finiscono per apparire ben diversi da come furono realmente; ma anche alla revisione dei libri di testo attuata secondo la finalità "buona" di renderli maggiormente fruibili a degli studenti sempre meno motivati. La psicologia non è immune da tali fenomeni, anzi, più uno approfondisce e più emergono delle verità scomode. Un esempio? La profonda passione di Freud per la filosofia, volutamente celata al grande pubblico (come il suo interesse per l'occulto, ingenuamente addebitato oggidì al solo Jung) con la finalità di contribuire, così, alla divulgazione di una immagine di una psicoanalisi positivisticamente scientifica, incontaminata da "pericolose" preconcezioni psicologiche. Si cela così la sua pericolosa vicinanza con il pensiero dissolutorio e anticristiano di Nietzsche, di cui la psicoanalisi costituisce l'attuazione pratica. E per quanto riguarda la "scoperta dell'inconscio"? Quanti manuali si accontentano di riportare i soli nomi di Groddeck e - solo recentemente - di Piaget, evitando volutamente di approfondire le concezioni di Platone e di Sant'Agostino, di San Tommaso d'Aquino e dei mistici rinascimentali, di Leibnitz e di Nietzsche? Non parliamo, infine, della psicologia stessa. Sembra che la disciplina nasca con Freud, per la parte clinica, e con Wundt per la ricerca sperimentale. Quasi nessuno, se non per accenni, riprende invece le grandi sintesi medievali, che avevano avuto il merito di approfondire la filosofia greca e di delineare una vera e propria psicologia, metafisica e pratica (l'etica). Sembra proprio che la contemporaneità abbia fatto suo il progetto rivoluzionario dell'illuminismo prima e del positivismo poi: non solo radere al suolo tutto ciò che c'era prima, ma addirittura cancellare la memoria del passato, come ben profetizzò George Orwell nel suo 1984. Ignorando i fatti, i cattolici di buona volontà non fanno altro che accodarsi al pensiero dominante, non conoscendo l'esistenza di un'alternativa. Il saggio del professor Martin F. Echavarria, Direttore del Dipartimento di Psicologia all'Università Abat Oliba di Barcellona, costituisce una prima, importantissima obiezione al revisionismo storico. Non c'è quindi bisogno di aggiungere altro per giustificare il fatto che il suo Da Aristotele a Freud costituisce un testo fondamentale, da custodire con cura nella propria libreria (e sulla mensola più importante, aggiungerei).
Il testo è estremamente agile (160 pagine), economico (14,90 euro) e con i seguenti contenuti:
Martin F. Echavarria |
Invito alla lettura, di Stefano Parenti
Presentazione, di Ermanno Pavesi
Introduzione
Cap. 1 - Lo studio pratico della personalità umana nei classici e nella tradizione
1. L'etica di Aristotele come scienza del carattere
2. Il perfezionamento della personalità nel cristianesimo: dai Padri della Chiesa alla modernità cristiana
Cap. 2 - La rottura moderna con la tradizione
1. L'opposizione tra ragione e fede
2. La separazione tra ragione ed esperienza
3. L'opposizione tra morale e psicologia: la Genealogia della morale di Nietzsche
Cap. 3 - Ubicazione filosofica delle principali correnti attuali di psicologia
1. Freud e la psicoanalisi
2. Principali correnti contemporanee
3. Etica delle virtù e psicologia positiva
Conclusioni
Appendice: Psicologia e morale nel Magistero di Pio XII
Di seguito pubblichiamo l'Invito alla lettura (pp. 7-9).
Per un
cattolico impegnato nel mondo della psicologia svolgere il proprio lavoro non è
semplice. Bisogna chiedersi se gli strumenti e, più ancora, le rappresentazioni
della natura umana che sono state apprese dalle scuole della disciplina rispettino
l’antropologia così come è stata delineata nei due millenni di storia
cristiana. Oppure se generino conflittualità o persino contrapposizione. Basta
pensare alla malsana idea secondo cui non esistono vere e proprie cause né veri
e propri effetti, come sostiene la “causalità circolare” della teoria
sistemica; al determinismo dell’inconscio, ben superiore al libero arbitrio
secondo alcuni psicoanalisti; all’inconsistenza ontologica della realtà e la
sussistenza di multiversi, creati o co-creati dalle singole volontà di
rappresentazione, secondo il dictatum del costruttivismo. E gli esempi
potrebbero continuare. In più, lo psicoterapeuta cattolico – se vuole evitare
di scindersi in due: il cattolico nella vita personale e il laicista coi
pazienti, secondo la sintesi “Dio, se c’è, non c’entra” di Cornelio Fabro – è
chiamato ad interrogarsi su come proporre la risposta alla domanda di salvezza
che si nasconde “dentro” ogni ricerca di salute. Questioni fondamentali, che
per essere approfondite necessiterebbero di una semplice via d’uscita: la
sequela di maestri. Di persone, cioè, che siano già passate lungo la strada ed
abbiano tentativamente approcciato una risposta. Il problema più grande del
nostro tempo è che di maestri così non ce n’è. I cattolici impegnati nel mondo
della psicologia hanno preferito anteporre la fede per Freud o per qualche
altro capo scuola al Magistero della Chiesa.
Immaginate dunque il mio stupore
quando anni fa, seguendo la scia lasciata nel tempo dal grande Rudolf Allers -
forse il più importante, se non l’unico, psicoterapeuta cattolico del XX secolo
– mi sono imbattuto in un testo sistematico che aveva la pretesa di delineare
una psicologia fondandosi non su qualche idea post-moderna, né sull’ultimo
ritrovato delle psicoscienze, ma sulla filosofia di San Tommaso d’Aquino.
L’autore era Martín F. Echavarría. Approfondendo, ho scoperto che il Professore
- come l’avrei chiamato da allora - era docente presso l’Università Abat Oliba
di Barcellona, in cui svolgeva il ruolo di direttore nella facoltà di
psicologia, ed autore di numerosi articoli di carattere filosofico-scientifico
in cui venivano messi a tema argomenti come la superbia, le cause delle
infermità psichiche, il relativismo della psicologia, l’etica nella
psicoterapia, i vizi e tanto altro, da una prospettiva
tomista. Echavarría stava gettando le fondamenta per una psicologia
cattolica. L’opera di costruzione, però, non era svolta in solitario, col solo
lascito della filosofia tomista, ma in dialogo (cioè in confronto) con le
psicologie contemporanee. In un secondo volume, il Professore analizzava le
numerose correnti della psicologia paragonandole con l’antropologia cristiana.
Emergevano dei punti di contatto, specialmente negli autori del gruppo che lui
denominava ‘psicologia della responsabilità’ (Adler, Allers, Pieper, Frankl), e
numerose opposizioni, non solamente verso le scuole già ampiamente criticate
dai cristiani (come la psicoanalisi o il comportamentismo) ma anche nei
confronti degli approcci umanisti, della psicologia analitica di Jung
(frequentatissima tra i cattolici), del cognitivismo di stampo americano, della
sistemica.
L’opera di
confronto desta una domanda: come si è giunti ad una scissione tanto ampia tra
la psicoterapia ed il Magistero? La risposta si trova nel presente studio, in
cui Echavarría ripercorre le origini della disciplina evidenziando la presenza
di due linee di pensiero contrapposte. La prima risale all’etica classica,
aristotelica specialmente, che si sviluppa nei secoli cristiani come forma di
educazione, attraverso la demonologia, la filosofia tomista e l’ascetica. La
seconda ha come ideatore Friedrich Nietzsche, il quale ebbe l’obiettivo di
sovvertire la prima linea di pensiero attraverso una prassi educativa (o
diseducativa) di rottura con la tradizione, e come esecutore Sigmund Freud, la
cui psicoanalisi attualizza tale programma rivoluzionario. Eccoci dunque alle
origini anti-cristiane della psicoterapia contemporanea, la quale è chiamata a
riprendere il lascito della tradizione antica e medievale rifiutata dalla
modernità, se vuole riavvicinarsi al pensiero della Chiesa.
Quando invitai il Professore a
partecipare al convegno “Il soggetto ed i
percorsi di cura”, svoltosi a Triuggio nell’Ottobre del 2014, nel quale
presentò una lezione su “Psicologia ed antropologia cristiana”, ebbi modo di
conoscere l’uomo oltre che il docente. E mi sorprese, non poco. Ricordo con
simpatia le profonde discussioni di cui fui omaggiato, le quali mi fecero
conoscere un padre di sei figli ed un marito premuroso e grato. Emerse la
testimonianza semplice e spassionata per una vita fatta di famiglia e di
studio. Indelebile, poi, è l’immagine del suo volto, dal sorriso discreto e
dallo sguardo curioso. È lo sguardo che ogni cristiano conosce, perché indica
la ricerca costante del Risorto nella letizia del dono della vita. Da quegli
incontri trattenni una ricchezza umana oltre che professionale. Anche per
questi motivi ritengo che conoscere e seguire i suoi insegnamenti possa essere
di vero aiuto allo psicoterapeuta che desidera essere prima di tutto cattolico.
Stefano
Parenti
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